Buongiorno e buon lunedì a tutti!
È da un po’ che non scrivo su queste pagine, ma con una buona giustificazione: il 31 agosto mi sono sposata e il 2 settembre sono partita per il viaggio di nozze :).
Ma ora eccomi tornata, e vorrei riprendere con un articolo speciale, diverso dal solito.
Come vi ho accennato qui e come sto raccontando qua e là sui miei canali social, sto lavorando dietro le quinte ad una bella (e grande) evoluzione del mio lavoro.
Sto preparando nuovi percorsi, e posso iniziare ad accennarvi che uno di quelli a cui mi sto dedicando in questo momento è dedicato al tema della paura.
Ed ecco spiegato il motivo della massiccia invasione di libri di (ma anche dedicati a) Stephen King sul mio account di Instagram: pochi autori permettono di entrare con tutto il corpo, senza tralasciare il cuore, in questa tematica difficile.
Oggi mi piacerebbe quindi lasciarvi la mia recensione di un saggio su King scritto da Antonio Faeti, “La casa sull’albero. orrore, mistero, paura, infanzie in Stephen King“: mi sembra un ottimo modo per provare ad avvicinare anche chi non è un lettore di horror a questo autore che ha tanto da dire, a prescindere dai nostri gusti letterari.
Per spiegarvi il perché della mia scelta: Faeti, scrittore e saggista molto prolifico, è stato titolare di una delle prime cattedre universitarie italiane di Letteratura per l’infanzia, come potete leggere qui, quindi immaginerete il particolare punto di vista da cui legge quest’autore.
Oggi parliamo quindi di letture che non rimangono in superficie, di valori da veicolare fin dall’infanzia, della forza dell’immaginazione, del non detto e dell’affrontare le proprie paure.
Quindi bando alle ciance! 🙂
“La casa sull’albero. Orrore, mistero, paura, infanzie in Stephen King” di Antonio Faeti
“Ci sono narratori che si collocano accanto a un caminetto, o nei pressi di un pregevole tavolino su cui è posata una programmatica tazza di tè, o dietro un leggio di sicuro stampo accademico, o al tavolo di un congresso di scrittori, o nell’ufficio del loro agente letterario, e stanno sempre lì, si fanno leggere come se tutto ciò che hanno ideato, creato, voluto, provenisse da quelle circostanze, da quei modi di concepimento. King scrive nella casa sull’albero, ragazzo tra altri ragazzi, senza mai temere, proprio come loro, di apparire roboante, fluviale, incontenibile”.
(“La casa sull’albero. Orrore, mistero, paura, infanzie in Stephen King”, di Antonio Faeti, Einaudi Ragazzi, 1998, p.10)
Il senso di ciò che Antonio Faeti, scrittore, pittore e professore di Letteratura per l’infanzia propone in questo saggio sul Re (del brivido) Stephen King è tutto in questa raffigurazione che troviamo già in seconda pagina.
Faeti legge King come un autore da far riscoprire a chi può indirizzare le letture di bambini e ragazzi, in virtù del suo ruolo di “Raccontafiabe dell’Occidente” (p.42), lungi dall’essere uno scrittore che voglia indulgere gratuitamente nell’orrore e nel macabro, come gli è stato spesso rimproverato dai critici.
Il saggio prende in esame l’opera di King fino al 1998, anno della pubblicazione. Leggendolo oggi, nonostante siano passati due decenni, che per un autore così prolifico equivalgono a molti libri, ci accorgiamo di quanto sia vero ciò che Faeti dice di lui: King ha saputo reggere alla prova degli anni perché si è sempre tenuto al di fuori delle mode e non ha mai avvertito il bisogno di mostrare ai critici la propria erudizione, che è assai più profonda di quanto potrebbe far pensare una lettura superficiale. Anche il mito viene studiato, scavando nel profondo, per coglierne la ricchezza e successivamente rielaborarlo e farlo proprio. I temi di cui parla King, che sono quelli che ossessionano lui per primo da sempre, sono rimasti gli stessi e conservano la loro attualità e freschezza: è infatti un autore che scandaglia il reale per poi trasporlo in un immaginario che è l’unica dimensione che permette di dire, non disconoscendolo, l’orrore.
Tra le sue pagine si trovano degli insegnamenti preziosi per i ragazzi, ma anche per gli adulti: come accennato all’inizio, King non ha mai perso lo sguardo profondo della giovinezza (come ci conferma lui stesso nel saggio “Danse macabre”), ed è per questo che sa raccontare l’infanzia come nessun altro. Nei suoi romanzi, i bambini sono coloro che vedono il Male che si annida nelle città e nel cuore degli adulti, sono i primi a dare l’allarme, spesso inascoltati, e sono gli stessi che sacrificano a volte la propria stessa vita, immolandosi per salvare anche chi non ha visto, o non ha voluto vedere e credere, come dice Faeti nel capitolo “L’aura del Puer”, mostrando come King faccia un uso degli archetipi raffinato e mai smaccato.
La dimensione orrorifica, quella di un soprannaturale che si annida tra le pieghe di un reale oscuro e spesso assai più sanguinoso rispetto a ciò che appare, è quella che serve a King per narrare anche ciò che non può essere detto, come il genocidio degli indiani di cui si parla nel capitolo “Una Spoon River per gli indiani Micmac”. Ciò che viene taciuto e represso, ciò che non può essere raccontato, viene così rielaborato e servito in una salsa horror che si ammanta di una veste popolare, per poter contenere, sempre intrattenendo, la summa delle ossessioni dell’autore: la morte, l’insensatezza della violenza, la paternità, tutti temi che troviamo nel capolavoro “Pet Sematary”.
King è un Raccontafiabe anche perché non teme di immergersi nella dimensione più popolare e contradditoria dell’America, quella di cui racconta il capitolo “Nelle vene di un’America amara”, fatta di povertà e gangster da quattro soldi. Lo scrittore ha letto molti dei grandi narratori americani, da cui non teme di allontanarsi o avvicinarsi come meglio crede, con lo sguardo mai didascalico che è il suo marchio di fabbrica.
In questo saggio, come tra le pagine di King, si respira una grande aria di libertà, che ci fa vedere quanto possiamo divertirci ed imparare, ma anche inorridire per ciò che fanno i nostri simili. Al tempo stesso, siamo mossi a compassione di chi piange una perdita, di chi coraggiosamente sceglie di sperare e di non darsi per vinto: troviamo qui i grandi valori del coraggio, dell’indipendenza di spirito e di pensiero.
King, ci dice Faeti, e lo dice tanto agli adulti che devono insegnare e mostrare la strada quanto ai bambini che ascoltano, va letto perché non è il pedagogo che ci mostra dall’alto ciò che è Bene e ciò che è Male storcendo il naso, ma il bambino che si accosta incuriosito, scopre l’orrore e, per continuare a vivere, deve raccontarlo intorno al fuoco o sulla casa sull’albero a chi come lui è rimasto bambino e lo ascolterà con le gambe incrociate, la mano sotto il mento, a bocca aperta.
Suggerimenti di lettura (ce n’è un po’ per tutti i gusti):
– per chi vuole iniziare a leggere King ma ha un po’ di fifa: “Elevation”, “Danse macabre”, “On writing”;
– per chi ama le storie di amicizia e d’amore: “Il corpo” (racconto contenuto nella raccolta “Stagioni diverse”, da cui è stato tratto il famoso film “Stand by me”), “It”, “Mucchio d’ossa”, “Insomnia”;
– per chi vuole indagare i grandi “Perché” della vita: “The outsider”, “Pet Sematary”.
Letizia says
L’unico libro di King che ho avuto il coraggio di leggere è stato Stagioni Diverse, e devo dire che nonostante la mia fifa cronica l’ho amato molto.
Mia mamma è sempre stata un’amante di Stephen King e a casa ha tutti i suoi libri, e ricordo che da bambina mi faceva tanta paura la copertina di Cujo. Decisamente a 38 anni suonati sarebbe il momento di affrontare queste fobie 😅
Bellissimo post, il saggio che citi mi intriga molto e me lo sono segnato.
Chiara says
Ci credi che io devo ancora provare, in età adulta, a rileggere il racconto “L’allievo” di quella raccolta? Da piccola mi aveva scioccato e l’avevo abbandonato a poco dalla fine! A me da piccola terrorizzava la copertina di “Desperation”. Paradossalmente, chi è più fifone (e anche io in fondo lo sono) secondo me può ricavare ancora più piacere dalla lettura di queste tematiche. Sì, il saggio è davvero bello, te lo consiglio, secondo me aiuta ad entrare nell’ottica di una lettura differente. Grazie Letizia, ne sono proprio felice!