Buongiorno!
Oggi torno sul blog dopo la pausa estiva con tre consigli di lettura.
Tre libri per esplorare la paura; tre libri che spaziano dalla letteratura per adulti a quella per ragazzi; tre libri con date d’uscita distanti tra loro, che hanno in comune l’inquietudine che ci permettono di provare.
Sono consigli tratti da recensioni che ho condiviso nel tempo sui social e che sono certa in molti si perdano: il mio proposito è di portare man mano, per far restare, qui e in newsletter anche tutti i contenuti corposi e compositi che condivido e continuerò a condividere sui social.
Quest’atmosfera in comune è motivata da una sorpresa, che trovate al fondo dell’articolo.
“I buoni vicini” di Sarah Langan
“Come tante altre persone che si ritrovano all’improvviso sul versante sbagliato della mezza età, Rhea Schroeder non si sarebbe mai aspettata che la sua vita prendesse quella piega.”
(tratto da “I buoni vicini”, di Sarah Langan , traduzione di LeonardoTaiuti, Sem, 2021, pag.35)
In un 2027 in cui il cambiamento climatico è sempre più presente nei suoi effetti evidenti, il clima si fa irrespirabile e una dolina si apre in mezzo a un quartiere residenziale, nel parco vicino a Maple Street.
Così, l’arrivo dei Wilde non rappresenta più l’unico neo, nella rispettabilità del quartiere. Gertie è un’ex reginetta di bellezza, Arlo un rocker in decadenza, Julia la figlia scapestrata e Larry il figlio strano.
I Wilde escono da questi cliché e da quelli legati all’accento di Brooklyn e ai tatuaggi, alle scollature e alle sigarette rubate da una ragazzina quando ci avviciniamo e vediamo il loro microcosmo incasinato ma a suo modo felice e il loro buon cuore.
La vicina di casa, Rhea, è una professoressa a cui tutti guardano con rispetto e a cui anche Gertie si avvicina. E poi ci sono i Ponti, gli Hestia, gli Ottomanelli e i Benchley e tutte le altre famiglie che impariamo a conoscere.
Ma prima di tutto questo, una dolina si apre vicino a Maple Street e qualcuno ci precipiterà dentro.
Traumi e solitudini di adulti che si incontrano, oscurità che rischiano continuamente di inghiottire ogni cosa.
Ma se si incontrano e si sommano, è il buio per tutta Maple Street.
Essere adulti significa sentirsi soli, dice a un certo punto un personaggio.
Ho un debole molto personale per le storie con protagonisti che vorrebbero portare indietro il tempo.
Persone che si svegliano e di accorgono di trovarsi, senza sapere come, “sul versante sbagliato della mezza età”. E come ci sono arrivate?
Nella distanza tra il sé immaginato e quello realmente ottemperato che appare come sempre più incolmabile si annidano la perdita di controllo e la violenza che ne fuoriesce.
Questo romanzo mi è piaciuto come mi piacciono tutti i libri non manichei, che non giustificano le colpe ma fanno cadere il velo dietro al quale troviamo tristezze e rancori.
Tutto questo fa sì che sia di più di un romanzo corale degli orrori tenuti al chiuso dietro la facciata di ipocrisia.
Il romanzo è agghiacciante nel mostrarci ciò che sta dietro alla banalità del male e alla follia del gruppo di simili, i cui volti si deformano e le cui menti giustificano tutto.
E a volte la differenza sta tutta nel saper chiedere aiuto.
L’avanti e indietro nel tempo aggiunge un elemento di tensione, con articoli di giornale che un po’ fanno prevedere il futuro e un po’ depistano, in cui non manca la riproposizione della caccia alle streghe su larga scala, specchio di quella avvenuta in Maple Street.
In questo, con la notizia sensazionalistica senza prove a supportarla, fa anche riflettere su quali prove ci basterebbero per scagionare qualcuno su cui grava un pregiudizio.
Altri consigli di lettura e di visione:
Libro: Cose preziose, Stephen King
La lotteria, Shirley Jackson
e La lotteria, graphic novel di Miles Hyman
Serie tv: Them
“Bunker diary”di Kevin Brooks
“Qual è, secondo King, il compito di uno scrittore dell’orrore?
In sostanza, fare da filtro fra quello che possiamo interiorizzare senza pericolo e quello di cui dobbiamo sbarazzarci.”
(tratto da “Danza macabra. Un ballo nel fantastico sui passi di Stephen King”, di Giovanni Arduino e Loredana Lipperini, Bompiani, 2021, pag.74)
Nei miei percorsi discutiamo spesso di horror, di cosa sia e dell’opportunità di includere anche ciò che non è soprannaturale, definendo il genere con il suo scopo: suscitare la nostra paura con il fine di esorcizzarla (fonte: “Guida alla letteratura horror” a cura di Gian Filippo Pizzo, Odoya Edizioni).
Eppure, ci sono romanzi non ascrivibili strettamente all’horror e che comunque questa catarsi non ce la concedono affatto.
Romanzi duri, cupi, nichilisti.
Romanzi come “Bunker diary”.
Il protagonista Linus ha sedici anni e per sfuggire dalla vita in collegio a cui l’ipocrisia paterna l’ha costretto, ha scoperto la vita in strada. Non farà però in tempo ad assaporare questa libertà, che verrà rapito da un presunto cieco che cieco non è, che ha voluto aiutare, e rinchiuso in un bunker sotterraneo.
Poco dopo il bunker inizierà a popolarsi: arriverà una bambina, con cui Linus instaurerà un legame di protezione e affetto, e alcuni adulti, che mostreranno in molti casi tutto il proprio egoismo. Mentre la vita si fa sempre più insostenibile e i propositi del carceriere si intravedono con orrore qua e là, noi seguiamo la vicenda trasportati nei pensieri di Linus, nei suoi ricordi, nelle sue riflessioni e tentativi di fuga.
“Bunker diary” è il suo diario.
Con “Bunker diary” Kevin Brooks vinse la Carnegie Medal nel 2014, suscitando anche molte critiche sulla scelta e sul fatto che i ragazzi potessero leggere un libro così nero.
In “Leggere per leggere” di Hamelin e Rachele Bindi quella di Brooks viene definita come una
“‘poetica delle macerie‘, uno sguardo fortemente pessimista sul mondo, soprattutto nei confronti del codice valoriale con cui viene distinto il bene dal male, il successo dall’insuccesso, il prestigio dall’infamia.”
(tratto da “Leggere per leggere” di Hamelin e Rachele Bindi, Salani, 2021, pag. 116)
Sono le tue scelte a poter fare la differenza: Brooks sembra gridarci uno scetticismo verso la possibilità di un rinnovamento che venga da molti e non dal singolo e che sia davvero in grado di fare la differenza, come riportato anche in “Leggere per leggere”.
Fa paura, è doloroso, ma fa pensare.
Ci mette in una posizione scomoda, ci pone domande che non vogliamo sentire.
E almeno ogni tanto, dovremmo proprio leggere libri così.
“Joyland” di Stephen King
“Come ha argutamente sottolineato W.H. Auden, la signora con la falce porta via con sé chi vive nell’agiatezza, chi ha un impagabile senso dell’umorismo e chi ce l’ha davvero lungo.
Però, a esser precisi Auden inizia il suo elenco con «chi possiede l’innocenza della fanciullezza».”
(tratto da “Joyland”, Stephen King, trad. di Giovanni Arduino, Mondadori per Mondolibri, pag.345)
In questo romanzo ci sono un devastante primo amore, un mistero, un fantasma dolce che chiede giustizia, la morte, un parco di divertimenti.
Ci sono molte prime volte e c’è una nostalgia che conoscono bene gli amanti di King: quella dell’adulto che racconta di un periodo tra i più belli e al tempo stesso il più infelice della sua intera vita, con la distanza di chi ora sa che quella era la stagione in cui ci si faceva toccare dalle cose, ma toccare davvero, in cui non si mangiava più per un cuore spezzato e in cui per un amico avresti fatto di tutto.
Nell’estate del 1973 Devin va a lavorare a Joyland, un parco divertimenti a Heaven’s Bay. Ci va per dimenticare una ragazza e per guadagnare qualcosa prima di tornare a studiare.
O almeno, questi sono i piani che a un certo punto verranno mandati all’aria.
Perché a Joyland si vocifera che ci sia un fantasma, quello di una ragazza assassinata nel Castello del Brivido.
E poi Devin ha il cuore sempre più spezzato, ma conosce Tom ed Erin che diventeranno amici per la vita e Annie e Mike con il loro Jack Russell.
Annie fa di tutto per ignorare Devin, quando lui passa per la spiaggia davanti a casa loro, per andare al lavoro, mentre Mike si sbraccia dalla sedia a rotelle e Milo ovviamente farà il primo passo.
E poi c’è un parco divertimenti alla vecchia maniera, in cui l’imprevisto è voluto e il divertimento garantito, e c’è la Parlata, quel modo di riferirsi a chi arriva in cerca di divertimento con “frollocconi” e “bigné” alle ragazze carine da far vincere al tiro a segno.
Le persone non sono sempre come appaiono e Devin lo scoprirà presto, fino al colpo di scena finale e ai rischi che correrà per voler risolvere un mistero rimasto per troppo tempo senza una soluzione.
Un King portatore di una nostalgia dolcissima: l’unica cosa che io abbia voglia di leggere, a volte.
Buone letture 🙂
È in arrivo un nuovo percorso.
Ci saranno parecchie novità, ve ne anticipo due:
- l’ambientazione
- i meccanismi narrativi, tra cui la suspense, il registro linguistico e altro ancora che esploreremo insieme.
Sarà anche un ritorno ad un genere molto amato, di uno dei miei percorsi più seguiti.
E in newsletter troverete presto dei testimonial d’eccezione 😉