Buongiorno e buon martedì a tutti!
Inizio con una piccola nota pratica: d’ora in poi pubblicherò gli articoli del blog il martedì. So che per voi non cambierà molto, ma ci tenevo a non farlo passare sotto silenzio :P, mi sono finalmente arresa alle necessità pratiche che fanno sì che per me sia meglio così.
Venerdì sera sono andata alla riunione del gruppo di lettura mensile che frequento ormai da anni: posso ben dire che è molto importante per me anche perché se non mi ci fossi avventurata la prima volta, sola soletta, senza conoscere nessuno, dopo averne letto su Anobii, la mia vita sarebbe stata molto diversa.
Ma questa è un’altra storia.
Venerdì era una serata di quelle con una lettura in comune: ce ne sono di varie tipologie, che alterniamo tra loro, e in questa abbiamo letto, chi del tutto chi in parte, un libro proposto da uno di noi, che in questo caso era “Il mondo di Sofia” di Jostein Gaarder.
Quando mi hanno chiesto di dire due parole, prendendo il discorso dal punto di vista che preferivo, sulla tematica della filosofia, sono andata a cercare all’interno del libro i punti in cui si sottolineava a cosa “servisse”, perché non dovesse essere abbandonata: in un mondo che privilegia velocità ed efficienza, non è così immediato capirlo.
Se avvertite lo stesso moto dal cuore, dalla pancia e dalla testa che avverto io a queste parole, allora siete i destinatari privilegiati del mio nuovo lavoro, dei nuovi servizi che sto preparando, che si muovono appunto tra filosofia e letteratura.
Stiamo perdendo qualcosa, ma la stiamo perdendo senza accorgercene?
“Accidentalmente abbiamo abbandonato una visione del mondo che mostrava come l’arte possa favorire la coltivazione di una piena vita interiore. Ci siamo lasciati alle spalle un’etica che ricordava alle persone i legami fra il bello, il buono, e il vero – il modo in cui il piacere e l’amore possono condurci alla nobiltà”.
(tratto da D. Brooks, When Beauty Strikes, in “New York Times”, 5 gennaio 2016, contenuto in “Lettore, vieni a casa“, di Maryanne Wolf, Vita e Pensiero, 2018, p.82)
Sono rimasta folgorata da questa frase, contenuto nel libro della Wolf di cui, lo sapete se mi seguite anche nella newsletter e sui social, ho parlato in lungo e in largo.
Affrontare la questione da un punto di vista né semplicistico né sempliciotto (per farvi ridere ve lo dico: come monito, quando scrivo gli articoli, mi sono scritta “Non fare la sempliciotta” :P), né tanto meno nichilistico (pensando che tutto è ormai perduto) è quello che mi preme.
Per farlo, bisogna evitare qualsiasi discorso del tipo “O tempora, o mores”: io dico che, a volte, ho l’impressione di stare perdendo qualcosa di inafferrabile e anche un po’ indimostrabile, ma allo stesso tempo sono fiduciosa sul fatto che è una deriva che spetta a noi arginare, in prima persona.
Sento di farlo quando riconosco il valore dei legami di affetto, che sia d’amore o d’amicizia, che ho nella mia vita e quando mi prendo del tempo per ragionare sulle cose, dopo un’esperienza, che sia artistica o di tutti i giorni, senza la fretta di farmi contaminare dalle opinioni che troviamo subito disponibili online.
Non si tratta di fare digital detox o di imporsi di non aprire social o internet, ma prima di tutto di sperimentare degli spazi, nella nostra giornata, sempre più ampi, in cui non ne sentiamo l’esigenza e ci avviamo ad un utilizzo più ragionato e meno dipendente.
Si tratta di tornare a stupirsi ma non solo, come racconta Gaarder:
“Anche oggi ognuno deve trovare le proprie risposte a queste domande. Non è possibile consultare un’enciclopedia per scoprire se esiste Dio o se la vita continua anche dopo la morte. Allo stesso modo nessuna enciclopedia ci può dire come dovremmo vivere. Però, se vogliamo mettere a punto un nostro modo di vedere la vita, può esserci d’aiuto leggere quello che altri uomini hanno pensato”.
(tratto da “Il mondo di Sofia“, di Jostein Gaarder, Longanesi, 1994, traduzione di Margherita Podestà Heir, p.19)
Qui Gaarder si riferisce alla lettura dei libri scritti dai filosofi: ma perché non aggiungerci anche i romanzi, come vi ho promesso che farò presto per (e con) voi? 🙂
È qualcosa che possiamo imparare a fare tutti:
“[Sofia] Giunse così alla conclusione che in realtà la filosofia non è qualcosa che si può imparare: si poteva imparare a pensare filosoficamente.”
(tratto da “Il mondo di Sofia”, di Jostein Gaarder, Longanesi, 1994, traduzione di Margherita Podestà Heir, p.50)
Una cosa è conoscere la storia della filosofia, un’altra pensare filosoficamente, come inizia ad imparare Sofia.
“Cara Hilde,
quando riceverai questa cartolina, avremo già avuto modo di parlare al telefono del tragico incidente che è accaduto quaggiù. A volte mi chiedo se non sarebbe possibile cancellare la guerra e la violenza semplicemente insegnando agli uomini a riflettere.”
(tratto da “Il mondo di Sofia”, di Jostein Gaarder, Longanesi, 1994, traduzione di Margherita Podestà Heir, p.237)
Ma anche iniziare dal coltivare un po’ più di gentilezza, umanità ed empatia nei rapporti con gli altri, professionali o privati che siano, non guasterebbe, no? 🙂
Come sempre, il modo per restare in contatto, scoprire per primi anticipazioni e avere un dialogo più stretto è la mia newsletter.
Suggerimento di lettura: “Un ponte di libri“, di Jella Lepman, per scoprire la storia di chi ha creduto che la cultura e la letteratura potessero dare una speranza ai bambini che non avevano già più motivi di averne, nella Germania del secondo dopoguerra.
P.S.: forse alcuni di voi avranno riconosciuto la statua della foto: è quella di Hans Christian Andersen a New York, a Central Park. Alcuni sabati mattina al mese i bambini si radunano lì intorno ad ascoltare storie, mi sembrava la foto adatta a portare un bel messaggio di speranza.