Buongiorno a tutti!
Torno sul blog, dopo il mio grande ed emozionante cambiamento lavorativo, con un articolo in cui faccio ciò che, ho imparato, mi dà più gioia: metto in collegamento ciò che leggo e ciò che vedo, per poi condividerlo.
L’ispirazione è arrivata da due libri letti di recente: un saggio che ha fatto discutere ed un romanzo che potremmo quasi definire distopico. Entrambi ci dicono qualcosa della nostra società, di cui vorrei parlarvi oggi, per sgranchirci la mente insieme, inaugurando così questa nuova categoria del mio blog!
La rete di default
Nel suo saggio “40 libri per 40 emozioni“, lo psichiatra specializzato nella psicologia delle emozioni Christophe André sostiene che, nella nostra società, esiste una minaccia di “esternalizzazione” della nostra mente, per cui saremmo meno portati di una volta ad avvertire il bisogno di pensare da soli: di pensare, aggiungo io, anche un po’ controcorrente, fregandocene di quale sia la morale dominante.
Un’esternalizzazione della mente rappresenta una grande minaccia per quello che André rileva come un nostro spazio di libertà: la nostra vita interiore.
Quest’ultima, quando è in armonia, conduce, dice André, ad un equilibrio tra l’uomo e la società in cui è immerso: significa, aggiungo, che l’uomo si inserisce in società rimanendo individuo con le proprie idee e le proprie opinioni.
È importante, ci spiega lo psichiatra, che l’uomo abbia modo di attivare la “rete di default“, che è ciò che costituisce il nostro ponte tra interno ed esterno, costituendo quello spazio-tempo mentale che dedichiamo a fantasticare su ciò che ci è successo o succederà, a rimuginare, a ipotizzare ciò che gli altri pensano di noi e del mondo.
Si tratta, dice André, di uno spazio fondamentale per sviluppare l’empatia, l’intuito, il pensiero laterale: senza il tempo per questa inattività, per una sana noia, corriamo il rischio di un grave squilibrio del nostro mondo interiore e tra il nostro interno e l’esterno.
Un’esternalizzazione della mente estrema?
I segreti sono bugie.
Condividere è prendersi cura.
La privacy è un furto.
(tratto da “Il cerchio”, di Dave Eggers, traduzione di Vincenzo Mantovani, Mondadori, 2014, pag. 242)
Nel romanzo “Il cerchio”, Dave Eggers immagina una società distopica dominata dallo strapotere e dalla pervasività di un’unica azienda, il Cerchio, nata dal genio creativo di uno dei tre Saggi a capo, Ty:
Ty, grazie al suo genio creativo, ha dato avvìo all’impresa con l’invenzione dello Unified Operation System e della modalità TruYou, il sistema di account definitivo che ha assommato in un’unica identità virtuale le password dei singoli utenti e i vari sistemi di pagamento online.
(tratto da “Non c’è altra via che la notte. Distopie, antiutopie e futuri da incubo in letteratura”, di Luca Fumagalli, La Vela, 2018, pag. 177-178)
Nel Cerchio l’esternalizzazione della mente finisce per diventare estrema: non vi rivelo troppo per non fare spoiler, ma nel romanzo lo spazio-tempo per la vita interiore viene progressivamente annullato in favore di una condivisione continua. Se non condividi, cos’hai da nascondere?
Una cultura della positività
Se non agivi alla luce del giorno, cosa facevi nell’ombra?
(tratto da “Il cerchio”, di Dave Eggers, traduzione di Vincenzo Mantovani, Mondadori, 2014, pag. 193)
La trasparenza assoluta è uno dei principi cardine del Cerchio: ma se sei sempre in piena luce, senza l’ombra che ti permette di contraddirti e sbagliare, cosa ne è della tua umanità?
Dentro il Cerchio è tutto calma, luce, pulito, efficienza. Fuori c’è il caos, l’imprevedibilità, l’incertezza, l’opinione.
Mae, la protagonista, arriva al punto da equiparare l’imprevedibilità di ciò che non conosciamo e di chi ci circonda, necessaria da accettare nei rapporti umani e nella società, al più terribile dei mali, a qualcosa di insopportabile e da rifuggire in qualunque modo.
L’uomo trasparente, ideale del Cerchio, è un uomo inconsistente. […] In sostanza, mentre in precedenza la servitù, l’assoggettamento, erano qualcosa di obbligato per non incorrere in una punizione, i nuovi mezzi fanno leva sull’instillazione irrazionale di una volontà presuntamente autonoma di procedere proprio nella direzione che ci lusinga di aver scelto.
(tratto da “Non c’è altra via che la notte. Distopie, antiutopie e futuri da incubo in letteratura”, di Luca Fumagalli, La Vela, 2018, pag. 182)
In questo contesto, qual è lo spazio rimasto per rivendicare un’opinione?
Come influiscono i social network portati all’efficienza estrema e diventati pervasivi, sulla nostra libertà personale di sbagliare, rivendicare un’opinione e avere una privacy? È un tema affrontato nel romanzo di Dave Eggers in chiave distopica e in modo più realistico ma altrettanto controverso da una voce abituata ad essere fuori dal coro: quella di Bret Easton Ellis nel saggio “Bianco”.
La trasparenza individuale, che per Ellis è il fulcro di ciò che chiama “l’America post Impero” è uno dei punti di contatto tematico con “Il cerchio”, che porta questa trasparenza individuale all’estremo.
Il saggio di Ellis prende le mosse da una rivelazione che mi ha di certo ben disposto nei suoi confronti :P, quella per cui esiste un altro mondo celato dietro a quello che ci sembra quotidiano e familiare e sereno, in cui le cose si rivelano per ciò che sono: pericolose e crudeli. Ciò che l’ha aiutato nell’approfondire questa visione, fin da piccolo, sono stati i romanzi horror.
Lo scrittore arriverà, in American Psycho, a tratteggiare e rappresentare
[…] una società ossessionata dalla superficie delle cose e incline a ignorare qualsiasi cosa alludesse alle tenebre in agguato al di sotto di essa.
(tratto da “Bianco”, di Bret Easton Ellis, traduzione di Giuseppe Culicchia, Einaudi, 2019, pag. 75)
Dove c’è la piena luce del Cerchio, non ci sono le tenebre confortanti e che ristorano, che ci permettono di sbagliare, essere contraddittori.
In questo modo, ci dice Ellis, dov’è lo spazio per esprimere un’opinione, dov’è lo spazio anche per l’arte che, come dice anche in quest’articolo Nicola Lagioia, non può essere giudicata dalla morale?
Si può essere d’accordo o meno con l’infinità di cose politicamente scorrette che dice Ellis, non è questo il punto: il punto è ricordare e rivendicare la nostra possibilità di esprimere un’opinione. Dopo averlo letto, tra queste due visioni discordanti dello stesso saggio di Ellis, che potete leggere in quest’articolo, sono d’accordo con quella di Marta Ciccolari Micaldi.
Rispetto a loro sono un romantico, e non ho mai creduto sul serio che la politica possa risolvere il cuore di tenebra dei problemi dell’umanità e l’assenza di leggi della nostra sessualità, o che un cerotto burocratico possa curare le crepe profondamente contraddittorie e la crudeltà, la passione e la disonestà che contribuiscono a definire ciò che significa esseri umani.
(tratto da “Bianco”, di Bret Easton Ellis, traduzione di Giuseppe Culicchia, Einaudi, 2019, pag. 151)
Cosa possiamo portare con noi da questo piccolo viaggio? Possiamo provare a porci delle domande, a cui cercare di rispondere nella nostra interiorità:
- la nostra personale rete di default è a rischio?
- Quanto ci sentiamo legittimati nell’esprimere, ma anche nell’avere e sostenere, una nostra opinione?
- Qual è il livello di pervasività nella nostra vita dei social network e quanto ci ricaviamo ancora uno spazio per la noia, per i pensieri e per la nostra individualità?
- Qual è per noi il vero ruolo dell’arte nella nostra società?
- Ci sentiamo in colpa a non condividere con gli altri le parti di noi che abbiamo deciso di lasciar fuori dalla visibilità?
- Quanto tolleriamo ancora l’incertezza?
Nei miei percorsi facciamo questo: riflettiamo, leggiamo, esploriamo, colleghiamo. Sperimentiamo insieme i benefici di un’attenzione non sempre centrata all’oggetto, ai nostri problemi: vaghiamo con la mente in altri mondi, la mente si pulisce e libera.
Il mio Percorso sul fantastico – Tra oscurità e luce, in particolare, può permettervi di esplorare anche distopie e altri generi che raccontano il nostro mondo trasfigurandolo: abbiamo visto oggi, nel piccolo, come da una distopia possiamo prendere le mosse per riflettere, aiutati da un saggio con un’opinione da rielaborare.
Suggerimenti di lettura:
- 40 libri per 40 emozioni, di Christophe André;
- Bianco, di Bret Easton Ellis;
- Il cerchio, di Dave Eggers;
- Non c’è altra via che la notte. Distopie, antiutopie e futuri da incubo in letteratura, di Luca Fumagalli.
Bonus:
Potreste anche vedere questi film che si collegano, più o meno strettamente, in modo più o meno sfumato, a una di queste tematiche:
- The invitation: cosa si cela dietro a un’estremizzazione del principio di superamento del proprio dolore?
- Babadook: quando non fai spazio all’ombra, non ne fai nemmeno alla luce;
- The Master: quando dietro alla condivisione di ogni cosa si celano fini più oscuri del previsto, quando la via per l’individuo non è per forza scappare dalla società;
- The Joneses: cosa c’è dietro ad una perfezione e ad un’estrema popolarità che tutti prendono a modello?
Francesca Pola says
Come sempre, splendido articolo, pieno di spunti e riflessioni interessanti e non banali. Credo di aver visto il film “Il cerchio”, con Tom Hanks e Emma Watson, sicuramente leggerò anche il libro, mi hai incuriosita molto!
Chiara says
Grazie di cuore per le tue parole, Francesca, sono felicissima che tu l’abbia apprezzato! Io sono invece incuriosita dal film, ho letto qua e là che banalizza un po’ il messaggio del libro ma vorrei provare a vederlo! 🙂