Buongiorno a tutti!
Oggi sono molto contenta di tornare con le Interviste per ampliare gli orizzonti: l’ultima risale all’anno scorso, nel frattempo ho introdotto quelle a bibliotecari e librai e oggi ho invitato, per il gran rientro, una blogger che conosco da tempo immemore, credo dal 2016, dalle mie prime sortite lavorative online.
L’ho chiesto a lei perché amo la sua penna ironica e irriverente e la bellissima idea che ha avuto, di parlare di storie che abbiamo conosciuto sui banchi di scuola rendendole divertenti e facendocele così riscoprire.
Credo che in questo periodo abbiamo tutti bisogno di quella bellissima leggerezza che non è superficialità, che al contrario sa essere molto profonda, “planando sulle cose dall’alto” :).
Lei è Francesca Pola, in arte La ragazza approssimativa :).
Francesca, raccontaci un po’ di te: come è nata l’idea del tuo blog?
Mi è sempre piaciuto scrivere, fin da quando ero piccola, e ovviamente leggevo tantissimo: divoravo libri su libri, ispirata e incoraggiata da mia madre, che è sempre stata una grande lettrice.
A mio parere la passione per la scrittura e per la lettura vanno un po’ di pari passo, l’una non può escludere l’altra, ma con il passar del tempo diciamo che mi sono un po’ persa: ho continuato soltanto a leggere perdendo lo “sprint” per scrivere, troppo impegnata prima con gli studi e in seguito, dopo la laurea in lettere, col lavoro.
Poi la svolta: circa cinque anni fa mi sono iscritta a un corso di scrittura creativa. Sapevo di essere brava a scrivere, ma è grazie a quel corso che ho scoperto la mia vena ironica e ho iniziato ad “allenarla” e ad esprimerla, meravigliandomi di conoscerla così poco.
Qualche anno più tardi è nato il blog. Ci pensavo da tempo, ma essendo poco pratica di computer e informatica in generale, rimandavo in continuazione il progetto.
Poi, complice un periodo nel quale non stavo lavorando e di conseguenza avevo molto tempo libero a disposizione, mi sono decisa. Inizialmente le idee non erano proprio chiarissime: volevo scrivere una sorta di diario personale che ironizzava sulla quotidianità di una ragazza “approssimativa”: in un mondo in cui i social e i media ci mostrano una realtà patinata e quasi idilliaca, un mondo nel quale nessuno fotografa un croissant bruciato, per dire, o una gamba con un po’ di cellulite, o una casa in disordine, sentivo il bisogno di quella “normalità” che fa parte di tutti noi, ma che forse nascondiamo perché contagiati da questa tendenza alla perfezione, un termine che non mi piace perché non corrisponde a realtà, ma solo a canoni specifici dettati dalle mode del momento.
Quindi scrivevo, magari, di una ricetta sperimentata a casa e venuta malissimo, tipo polpette dure come pietre o torte non lievitate, oppure parlavo delle mie fobie, come quella per il formaggio, o della mia perenne stitichezza…
Argomenti del genere, insomma, sempre trattati in chiave ironica, prendendo in giro prima di tutto me stessa, la mia vita, le mie fisime.
Come sei arrivata agli Amori approssimativi e alla Divina Commedia approssimativa?
Pian piano, e sinceramente non ricordo nemmeno come, ho cominciato a ripescare i ricordi scolastici: a scuola ero una secchiona (per quanto riguarda le materie umanistiche, quelle scientifiche: velo pietoso) e mi piacevano moltissimo la storia antica e i classici della letteratura, sia italiana sia latina e greca: Virgilio, Leopardi, D’Annunzio, Manzoni, Dante, Petrarca e via dicendo.
Aggiungiamoci la mia passione per le storie d’amore, le più tragiche ovviamente (quelle felici non sono altrettanto interessanti), ed è così che un giorno ho scritto un articolo ironico sulla tristissima relazione di Eloisa e Abelardo, divertendomi da morire e notando che era piaciuto molto di più rispetto ad altri pezzi.
Da lì in poi ho continuato su quella linea, alternandola sempre anche a post relativi alla mia vita personale e al mio lavoro, ma ammetto che trovavo (e trovo) più stimolante e spassoso scrivere di un Enea che scarica una Didone dicendole che del resto non le aveva mai promesso niente o dei Promessi Sposi, immaginandomi la faccia di Renzo che dopo mille disavventure ritrova Lucia e scopre che ha fatto un voto di castità!
Riguardo ad Enea e Didone, tra l’altro, mi ero divertita un sacco mentre lo scrivevo, perché poi è con quel pezzo che ho adottato una specie di “tecnica” di stesura: in pratica scelgo una storia d’amore, che in genere è trattata in una o più opere letterarie e la racconto in chiave ironica inserendo passi originali dell’opera in questione. Nel caso del post su Enea ho quindi utilizzato brani dell’Eneide di Virgilio, scritti ovviamente in un linguaggio aulico, per cui parafrasando un verso di Didone che, abbandonata dal suo amato, dice: “Io spero soltanto, se i pietosi Celesti hanno qualche potere, che me ne pagherai il fio tra gli scogli” otteniamo un semplice: “Devi morire annegato, stronzo!”.
La cosa che mi premeva era rielaborare le trame e le vicende in modo da renderle quasi comico-grottesche, anche perché più scrivevo e più mi rendevo conto che se al liceo i professori mi avessero parlato di Leopardi in modo meno “formale”, trattandolo come uno sfigato (il che ovviamente è una forzatura, altro che sfigato!), mi sarei divertita di più e lo avrei studiato più volentieri.
Arriviamo a quella magnifica new entry sul tuo blog che è La Divina Commedia Approssimativa: l’idea nasce su questo filone, raccontaci di più!
Perché Dante? Durante gli anni delle superiori, come spesso capita a scuola, ho avuto insegnanti formidabili ma non solo. Ho ad esempio studiato Manzoni con una professoressa molto brava che lo amava alla follia ed è riuscita in qualche modo a trasmettermi questo amore, tanto che leggere e analizzare i capitoli de “I Promessi Sposi” non mi è mai pesato.
Diverso il discorso per Dante, che detestavo con tutto il mio ardore adolescenziale: proprio non mi andava giù, ma del resto se ti impongono di studiarlo a memoria (che è una cosa che tuttora non concepisco), arrabbiandosi se non ti ricordi l’anno di nascita o quello in cui fu esiliato da Firenze e spiegando concetti complessi come quelli presenti nelle sue opere senza tentare di semplificarli, è davvero difficile che possa piacerti.
Così ho pensato che era ora di fare pace con Dante e col suo capolavoro e ho deciso di farlo tramite il blog, partendo dall’Inferno e dal primo canto.
Da principio volevo passare in rassegna tutti i canti, però mi sono resa conto che forse sarebbe stato troppo pesante e avrei rischiato di annoiare i lettori e me stessa, anche perché, diciamocelo, La Divina Commedia non è semplice da leggere, da capire, da interpretare: va presa a piccole dosi.
Oltretutto, non so cosa pensi chi legge il mio blog, che a primo acchito può sembrare magari leggero, ma ogni articolo che scrivo è frutto di un lavoro di almeno una settimana, durante la quale leggo materiale su Internet o su libri/riviste che ho in casa o che acquisto. La mia quindi è una vera e propria ricerca, dopo la quale passo alla stesura della bozza, che mi richiede ore o giorni a seconda dei casi, per non parlare del controllo maniacale di eventuali refusi (e qualcosa mi sfugge sempre!). Questa procedura diventa ancora più complicata nel caso di un post dantesco, dove leggo il canto che ho scelto di trattare, tutte le note (che a volte sono più ostiche del canto stesso), cerco di capire come strutturare l’articolo e via dicendo.
Per questo motivo ho scelto di selezionare solo alcuni canti, quelli che mi davano più spunti per ironizzare e alleggerire il tutto, e così facendo sto riuscendo ad apprezzare un autore che finora avevo odiato, un grande poeta. Tutto ciò potrebbe tra l’altro facilitarmi nel mio lavoro di insegnante, che mi porta a studiare e ripassare in continuazione, perché dopo la laurea i meccanismi di rimozione sono stati piuttosto efficienti!
Maria says
Non si smentisce! Io l’adoro.
Chiara says
Sono d’accordo Maria, anch’io! 🙂
Francesca says
Grazie infinite Chiara, è un onore per me essere stata ospite del tuo blog!
Chiara says
E io sono davvero felice di averti ospitata! 🙂