Buongiorno e buon lunedì a tutti!
Oggi, per le Interviste per ampliare gli orizzonti, parliamo con colei che può aiutarvi a ritrovare la rotta, ma anche a fare un bilancio oggettivo dal punto di vista lavorativo: è una mia omonima con un blog dal titolo bellissimo, Le faremo sapere…
La sua “Bussola” vi aiuta a navigare nel mare magnum delle offerte professionali: bando alle ciance, se gli indizi non vi sono bastati, vi presento Chiara Cavenago, professione: ve lo faccio dire da lei! 😛
Raccontaci un po’ di te, Chiara!
Ciao Chiara, intanto ti ringrazio moltissimo per avermi invitato qui sul tuo blog :).
Mi presento velocemente: sono una consulente di carriera e di orientamento professionale. In pratica supporto le persone che stanno cercando un lavoro (sia perché non ce l’hanno, sia perchè lo vogliono cambiare) a scoprire quali sono le loro competenze, a focalizzarsi su un obiettivo e a impostare tutte quelle attività che permettono di presentarsi al mercato: come scrivere un curriculum efficace, quali canali utilizzare e come sostenere un colloquio.
Lavoro individualmente attraverso sessioni via Skype o anche in presenza, a seconda della distanza e della disponibilità, senza preclusioni sul tipo di profilo da seguire: dall’operaio al manager, quello che conta è la disponibilità a mettersi in discussione e ad impegnarsi anche tra un incontro e l’altro, dedicando del tempo alla riflessione su di sé e sui propri obiettivi.
Visto che amo le storie, raccontaci come sei arrivata fin qui!
Sono consapevole che la mia non è una professione molto diffusa, ma non è nata per caso: subito dopo l’università sono stata contattata da una società di outplacement, ovvero il servizio di supporto alla ricollocazione professionale di cui usufruiscono le aziende che sono in fase di ristrutturazione, affidando i propri (ex)dipendenti perché siano seguiti nella ricerca di un nuovo lavoro. Ho iniziato uno stage e ho imparato a scrivere un CV e individuare opportunità professionali per le persone che mi erano affidate, in base alle loro competenze; sono cresciuta seguendo profili operai e impiegatizi, e affiancando consulenti più senior su professionalità più complesse; mi sono infine specializzata nel settore dell’Information Technology.
Dopo quasi 7 anni e di rientro dalla prima maternità, complice una piccola tempesta organizzativa sorta nel frattempo, ho colto l’occasione, inaspettata, di mettermi alla prova nel campo della selezione del personale: mi sono spostata dall’altra parte della scrivania, forte delle competenze maturate nel valutare profili informatici. E così per 6 anni ho tenuto colloqui con programmatori, sistemisti, help desk e project manager per le ricerche aperte dalle aziende clienti.
Nel frattempo mi rendevo conto che sempre più spesso mi trovavo a concludere i colloqui di selezione con dei suggerimenti su come sistemare il CV o come raccontare il proprio percorso professionale; oppure percepivo quanta approssimazione e inconsapevolezza ci fosse in molti candidati su cosa volesse dire sostenere un colloquio o rivolgersi alle aziende.
Sollecitata da due amici, di punto in bianco ho aperto un blog: l’11 luglio del 2013 è nato, battezzato da mio marito, “Le Faremo Sapere”.
Ho iniziato a scrivere suggerimenti, nati da episodi realmente capitati, su come comportarsi nella fase di ricerca del lavoro. Contemporaneamente mi sono accorta di come mi mancasse la parte di consulenza personale e di come invece la selezione, una volta impadronitami del ruolo, piano piano non mi desse più soddisfazione. Si faceva strada in me l’idea, folle, di occuparmi solo di consulenza di carriera. Ho fatto ricerche di percorsi formativi che potessi seguire, di professionisti già in attività: li ho trovati e mi sono rinfrancata, ho conseguito un master in Orientamento e Outplacement e infine mi sono buttata. Alle soglie dell’estate del 2017 ho guardato mio marito e gli ho detto: “Se tu sei d’accordo, io lo faccio, do le dimissioni”. Lui è stato bravissimo a incassare il colpo e ha iniziato subito a fare i conti di quello su cui avremmo potuto risparmiare per i mesi in cui non avessi avuto entrate, abbastanza tranquilli anche perché negli anni abbiamo accantonato qualcosa; ma la cosa più importante per me è stata la fiducia che ha dato a me e alle mie capacità.
Io da parte mia non avevo tanti dubbi, sapevo che, anche se con un po’ di pazienza all’inizio, i clienti sarebbero cominciati ad arrivare, e così è stato!
Ma soprattutto non avevo paura di dover fare delle rinunce proprio perché siamo sempre stati accorti nelle spese e non abbiamo mai fatto il proverbiale passo più lungo della gamba.
Ricerca del lavoro e consapevolezza: puoi raccontarci come sono legati a stretto filo questi due ambiti?
Il tema della consapevolezza si sposa, dal mio punto di vista di consulente, con il tema dell’obiettivo professionale e quello della motivazione al lavoro.
Si dice che il lavoro ideale è quello che faresti anche gratis e, per quello che mi riguarda, è assolutamente vero: questo ovviamente si ripercuote sulla percezione che si ha sulla propria retribuzione, se ritenuta alta, bassa o adeguata.
Nel percorso di consulenza che propongo arriviamo ad un certo punto ad analizzare quali sono i bisogni e le aspettative relative al nuovo lavoro o al lavoro ideale: valutiamo quindi aspetti legati alle competenze, alla responsabilità, alle relazioni con capi, colleghi o clienti e fornitori, allo sviluppo personale e infine ad elementi più concreti come la distanza da casa, la tipologia di contratto e, appunto, la retribuzione.
Posto come assodato il fatto che il lavoro è tale se viene pagato (altrimenti è volontariato o schiavismo), l’importanza che le persone danno al denaro non è necessariamente sempre alta: c’è anche chi, pur di utilizzare e mettere a frutto le proprie competenze, è disposto anche a guadagnare meno pur di trovare soddisfazione ad esigenze per lui più importanti.
L’idea alla base è quella della cosiddetta “piramide dei bisogni” di Maslow, una rappresentazione schematica della gerarchia dei bisogni umani: prima di tutto vengono le necessità di tipo fisico (mangiare, avere un riparo) e poi via via si avanza, fino a istanze più spirituali. Una volta soddisfatti i bisogni del gradino inferiore, l’uomo sperimenta nuovi desideri e cerca di dar risposta a quelli del gradino successivo.
In parole povere, per quello che vedo nel mio ambito, il tutto si concretizza così: se una persona è disoccupata, e ha una famiglia da mantenere, solitamente cerca il famoso “lavoro qualsiasi” purchè sia sufficiente a portare in tavola la minestra. Ma se appena questi bisogni basilari sono soddisfatti, può arrivare la necessità di soddisfarne altri, legati alla propria realizzazione personale. La consapevolezza, in questo caso, deve maturare nei confronti dell’obiettivo economico minimo accettabile per pensare di dedicarsi al proprio lavoro ideale, facendo i conti su ciò a cui rinunciare, in termini materiali, per raggiungere soddisfazione nella sfera valoriale. Essere consapevoli di questo porta, secondo me, ad un vero equilibrio personale, senza per questo non provare a migliorare la propria situazione economica.
In altri termini: occorre essere innanzitutto consapevoli dei valori che costituiscono la nostra motivazione al lavoro, e quindi capire dove si posiziona l’aspetto economico in questa scala.
Se per me la cosa più importante è guadagnare molto, cercherò professioni che mi permettano lauti guadagni; se la mia vocazione è legata al servizio agli altri, la mia soddisfazione verrà dalle relazioni con i miei clienti/utenti/pazienti, più che dal mio stipendio; così come se l’importanza di mettere a frutto le mie competenze tecniche è predominante in me, la retribuzione sarà vista solo come il giusto contraccambio del mio lavoro.
A parte resta il discorso legato al giusto compenso: è importante anche la consapevolezza sul proprio valore e sui livelli retributivi della propria professionalità.
Qual è il tuo rapporto con la lettura, cosa rappresenta per te? Quali sono i tuoi generi e autori preferiti?”.
Leggo da sempre. Nel senso che non ho memoria di aver imparato a leggere, quindi la lettura fa parte di me in un modo praticamente congenito ed è una delle costanti della mia vita, al di là di altre passioni e interessi più o meno duraturi.
Una volta da adolescente ho sentito questa frase: “Leggiamo per sapere che non siamo soli”, pronunciata da Anthony Hopkins che interpreta C.S.Lewis nel film “Viaggio in Inghilterra”. L’ho sentita vibrare fortemente, me la sono scritta subito da qualche parte per non dimenticarla, ma ci ho messo del tempo a capirla davvero: dev’essere successo quando ho incrociato un’altra frase, questa volta di Umberto Eco (altro autore che amo): “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito.. perché la lettura è un’immortalità all’indietro.”
E questo sapere di non essere soli, questa possibilità di vivere le vite degli altri, io credo mi abbia aiutato a crescere, a sviluppare del senso critico, a coltivare l’empatia con la consapevolezza che ci sono altri punti di vista.
La lettura può essere evasione, ma per me è stata soprattutto immersione in tanta umanità quanta non ne potrei mai sperimentare, appunto, in una vita sola.
Sono affamata di storie e fondamentalmente curiosa: amo gli intrecci, ma anche la possibilità di imparare qualcosa di nuovo. Uno dei generi che prediligo è senza dubbio il fantasy, scoperto alle medie con la serie di Earthsea di Ursula K.Le Guin e coltivato con la saga di Shannara di Terry Brooks, senza dimenticare naturalmente il meraviglioso mondo creato da JRR Tolkien! Però mi piacciono anche i romanzi ambientati in altre epoche perché mi fanno scoprire usi e costumi del passato: amo Jane Austen anche per questo motivo, non solo per l’impareggiabile uso dell’ironia, la caratterizzazione dei suoi personaggi e le vicende romantiche.
Leggo quello che mi fa ridere, quello che mi fa pensare, quello che mi distrae. A volte vado in biblioteca e mi lascio guidare dal caso; altre volte cerco di leggere tutto quello che ha scritto un determinato autore (progetto che abbandono dopo un po’ perché alla fine ho bisogno di varietà).
Mi piacciono i libri ben scritti, con personaggi tridimensionali, e ammiro tantissimo gli autori che sono riusciti a creare mondi dettagliati e coerenti, in cui immergersi e, a volte, addirittura desiderare di vivere: non solo Tolkien, ma anche la Rowling con tutto l’immaginario di Harry Potter ne sono fantastici esempi.
Ma alla fine mi concedo un po’ di tutto: biografie, gialli, fantascienza, frivolezze, letteratura per l’infanzia.
Insomma, se vuoi farmi felice regalami un libro…ma scordati romanticherie melense o dalle innumerevoli sfumature di grigio 😉
Cosa ne dite, da oggi in avanti guarderete con occhi diversi l’ambito di orientamento professionale e consulenza di carriera?
Perché io, dopo aver conosciuto Chiara, ho iniziato a farlo, nella consapevolezza che, anche qui, c’è molto di più di ciò che appare ad un primo sguardo :).
Vi lascio con i canali di Chiara, a cui vi invito a dare un’occhiata:
Ultima modifica il 13/12/2019