Buongiorno a tutti!
Oggi voglio parlarvi del fatto che, per me, sia sempre più facile vedere le motivazioni che stanno dietro ad un fare o ad un non voler fare qualcosa, molto più dell’invocare cause esterne.
Ve ne parlo per introdurvi nel mondo del nuovo percorso di gruppo che sto creando con Chiara Cavenago, che parlerà di lavoro partendo dalle nostre sfumature, indecisioni e motivazioni tutte decisamente umane. Come sempre, più dettagli arriveranno molto presto qui.
E ora vi racconto :).
Empatia e precisione bulldozer
Sono sempre stata la peggior nemica delle scuse: mie ed altrui.
In me, empatia ed emotività convivono in tempi recenti con l’attitudine precisina bulldozer a scavare che fa sì che ogni tanto persino Ermanno, anche noto come l’Ing., invochi il momento in cui smetterò di risalire a ritroso tra le sue motivazioni per lasciarlo senza scuse: “Non è che ti sei dimenticato, è che non avevi voglia/non te lo sei scritto/hai procrastinato”.
Questo, unito ad uno sguardo filosofico, fa probabilmente di me per alcuni un’insopportabile rompiballe, per altri qualcuno con cui parlare e stare nel momento in cui vogliano guardare le cose in faccia.
Certo, tutt’altro discorso quando si parla di me: non perché sia un’odiosa ipocrita, ma piuttosto perché, per quanto uno cerchi, non è sempre altrettanto facile mettere da parte emozioni, sentimenti e paure per delimitare il territorio di una riflessione. Eppure cerco sempre di farlo, questo sì.
Tra vocazione e casualità
Nel dibattito tra i romanzi che ci piacciono perché portano un ordine dove non c’è, oppure perché rievocano un caos che ci attrae, io sto come molti da entrambe le parti.
Però ecco, quella sensazione di essere la protagonista di un romanzo che unisce a posteriori i punti delle proprie scelte, alcune delle quali sul momento sono sembrate più casuali e trainate dal fato che altro, io ce l’ho avuta.
Ho sempre marciato al ritmo di una vocazione che è stata un appiglio nei momenti neri, qualcosa che mi ha sempre tirato a galla e che ad alcuni potrebbe sembrare quasi monomania.
Leggo e scrivo sempre, da sempre: non sono parole casuali, fotografano con precisione chi sono.
Lo ammetto: quando qualcuno mi dice di annoiarsi, a casa, o di non sapere cosa fare io rimango basita non perché giudichi, ma piuttosto perché io ho un problema opposto, che è la perenne sensazione di non avere tutto il tempo che vorrei per leggere storie, scrivere storie, consumare storie, nutrirmi di storie, riflettere sulle storie.
È più complesso di così
Eppure, anche nel mio voler guardare sempre le cose in faccia, mi rendo conto che è tutto molto più complesso di così, perché l’ho provato e ne ho fatto esperienza.
Sono passata attraverso un lavoro molto distante da quello che volevo, ma senza il quale non avrei mai potuto fare ciò che faccio oggi e che rappresenta ciò che voglio – in costante evoluzione, perché credo che la fissità non faccia bene alla passione più forte.
E non lo dico tanto per, ma le motivazioni ve le racconto un’altra volta, o anzi, se vi iscriverete al percorso voi chiedetemelo: ve lo racconterò lì.
Sono passata attraverso la sensazione che non sarei mai riuscita ad unire i puntini, o attraverso quel cocente rimpianto di sentire che avresti voluto andare in una direzione, lo sapevi, eppure hai rovinato tutto ed è ormai troppo tardi.
Sono passata attraverso la vergogna di parlarne ad altri, il sentirmi una codarda per non avere avuto il coraggio, sono passata attraverso il pensare che fosse solo un sogno da bambina.
E nel frattempo, continuare
E in tutto questo, con questi pensieri, continuavo a mettere il mondo tra parentesi attraverso la lettura e la scrittura, senza più pensare che ne sarebbe venuto fuori qualcosa di diverso dal passare del tempo.
Come tutti coloro che hanno questa passione, posso sembrare un po’ un’esaltata, eppure tra di noi ci riconosciamo e sappiamo quanto sia la verità.
Leggendo horror io non evoco mostri tra le pagine, piuttosto sfido i miei ad uscire allo scoperto, anche tra le pagine di altri generi letterari.
Sono da sempre dell’idea di tirar fuori ciò che fa paura, conosco la sensazione di sollievo di quando dici a qualcuno qualcosa che pensavi ti avrebbe distrutto.
Ed è per questo che credo tantissimo nel percorso creato con Chiara, e non aspetto altro che di poter leggere insieme e parlare di compromessi, della nostra identità lavorativa e di quanto a volte ci sia sembrato di non venirne a capo, di quanto le parole e le frasi che ci hanno detto ci abbiano fatto sentire addosso un marchio ineliminabile.
Andare alle radici di chi siamo, con profondità ed empatia, per provare a ragionarci insieme con i laboratori emotivi delle storie, farlo quindi sentendoci al sicuro e, intanto, innescare una riflessione che ci porterà lontano.
Io non vedo l’ora, e se volete l’opportunità di esserci, venerdì prossimo in newsletter inizierò a portarvi in quel mondo e vi dirò quando ne apriremo ufficialmente i cancelli.