Rileggere come atto di fiducia contro il tempo tiranno
Qualche giorno fa mi è capitato di parlare del rileggere libri molto amati e di come possa essere considerato un atto di fiducia nel futuro, contro il tempo tiranno.
Con tutte le nuove uscite da cui ci sentiamo spesso sommersi, infatti, prendersi il tempo per tornare di nuovo dove siamo già stati può diventare un’esperienza memorabile.
E in più, la cosa bella è che possiamo trovare tra le pagine una sorta di ologramma di chi eravamo: quali pensieri hanno accompagnato la nostra lettura?
Cosa capivamo allora, cosa ci vediamo oggi di diverso?
In più, sistemando i materiali per la seconda edizione de Il nostro cuore segreto che inizierà questa domenica 27 marzo, mi sono resa conto del fatto che il primo libro di cui parleremo costituisce per alcune una rilettura, così come è stato nella prima edizione.
Devo ancora ascoltare le impressioni delle nuove partecipanti, ma se torno con la mente all’anno scorso ricordo ancora il senso di gioia, a cui non capita spesso di assistere in una tale purezza, di chi era tornata ad un libro amatissimo.
Non c’è solo una componente emotiva in queste considerazioni: non è solo un tornare a casa, insomma, ma anche un pensiero razionale.
Mi pare infatti che sia ancora più rilevante oggi, concedersi il tempo per tornare in luoghi amati.
Abbiamo a volte la sensazione che le cose ci sfreccino intorno. In più, anche nei percorsi a tu per tu, sento spesso il rammarico di chi non si concede del tempo per un’attività superflua ma vitale come la lettura. Ci sembra di non poterci concedere il tempo per riflettere su modi e strumenti del nostro lavoro, come se avessimo la sensazione che quando concluderemo i pensieri sarà già troppo tardi, tutto sarà già stato sorpassato.
Rileggere ci serve anche ad allontanare questi pensieri.
Ora vi racconto un episodio in cui sono tornata al mio passato, grazie ai romanzi letti.
Ritrovarsi adulti, tra le pagine
Sono cresciuta con Hugh Grant reporter di Cavalli e Segugi, con Gaz e Dave, Nathan, Lomper e Gerald che ballano sulle note di Hot Stuff in fila a ritirare l’indennità di disoccupazione.
Sono cresciuta con Billy che corre tra le case popolari danzando e con Marcus che si fa prendere in giro da tutti mentre gli scappa da cantare Killing me softly.
Quell’umorismo tutto inglese che soffia lieve sulle disgrazie, che ti fa ridere mentre hai gli occhi annebbiati dalle lacrime e ti fa saltare sul divano quando finalmente arriva il lieto fine, a volte un po’ amaro comunque, spesso in difesa dei sogni e delle rinascite.
Sono cresciuta con Nick Hornby e con i suoi personaggi un po’ tristi e malinconici, a volte sconfitti e altre pronti a tendere la mano soltanto dopo molti ripensamenti.
L’anno scorso ho letto per un percorso (che riproporrò anche quest’anno, spoiler!) il romanzo di un autore inglese con cui sono cresciuta e sono stata colpita dal mio stesso stupore di trovarlo cresciuto, nelle tematiche e nei toni, di trovarlo radicato nella contemporaneità e del leggerlo mentre delinea dinamiche di potere e di sopraffazione, di amore e di attenzioni che appartengono ad una sensibilità contemporanea.
Sono tornata con il pensiero al concetto di reading circle di Aidan Chambers e oggi penso che non siamo mai davvero pronti a capire che siamo diventati adulti, leggendo i nuovi romanzi di autori con cui siamo cresciuti e ritrovandoci il mondo di oggi.
La contemporaneità con i suoi meccanismi è entrata anche lì, in luoghi che credevamo di altri tempi e va benissimo così, ma non so se fossi pronta a vedermi adulta nel riflesso delle pagine.
E ho sentito quella malinconia mescolata alla felicità a cui proprio quell’autore ha saputo introdurmi così bene, negli anni della mia crescita.
Vi è mai capitato di leggere i romanzi usciti quando siete diventati adulti di scrittori con cui siete cresciuti? Che effetto vi ha fatto?
Spero che, una volta letto questo articolo, vi venga voglia di riprendere in mano un libro molto amato, da rileggere con tutta la calma del mondo :).