Buongiorno!
Oggi vorrei portarvi nella visione che propongo nei miei percorsi culturali tra letteratura e filosofia, di gruppo o individuali.
Vi faccio anche un esempio personale di una serie tv e di un romanzo che scavano in una delle mie domande filosofiche, una di quelle che mi capita di indagare con la letteratura e in generale con la finzione.
Leggere seguendo la propria domanda filosofica
Le storie ruotano intorno a visioni del mondo, a idee specifiche riguardo a come, secondo chi le scrive, andrebbero certe cose, cose intorno alle quali noi esseri umani ci poniamo molte domande senza una risposta certa.
Il male, la morte, la violenza, il senso della vita, cosa sia la felicità.
Trovare libri, film e serie tv che indaghino ciò che ci interessa non è sempre facile.
Se poi ci mettiamo dentro tutte le variabili che compongono il nostro gusto, legate ad atmosfera, genere, tipo di scrittura o di regia, ambientazioni preferite e così via capite bene che la questione si complica.
Quando perdiamo la speranza di trovare le storie giuste per noi smettiamo di leggere, di guardare film.
Eppure, è uno dei modi più belli che abbiamo per indagare la vita da altri punti di vista.
Lo so, è un modo un po’ diverso di vedere le storie: è il mio, che si è nutrito negli anni di studi in filosofia, del lavoro da editor e di innumerevoli letture e visioni in cerca di qualità, di quel guizzo di verità – non assoluta bensì soggettiva – che si percepisce nella mano di chi scrive, negli occhi di chi dirige.
Conoscersi come lettori e come lettrici adulti significa anche questo. Molto raramente è questione di blocco del lettore: ve lo racconto perché magari può esservi utile.
Questa è la visione che propongo nei percorsi e, insieme, impariamo ad allenare questo modo di leggere che, in età adulta, può darci molte soddisfazioni.
Un altro elemento a cui porre sempre attenzione è il percorso che stiamo facendo: alcuni libri presuppongono l’averne già incontrati altri, perché senza questi ultimi la voce dell’autore o dell’autrice rimarrà magari flebile, mentre avrebbe potuto essere amplificata dalle storie giuste.
Il mio scopo è di allenare a una lettura che ci renda in grado di trovare la storia che ci parli e lo faccia nel momento in cui ne abbiamo bisogno: quello in cui mi pongo le domande filosofiche che rappresentano anche l’ossessione indagata da chi ha scritto quel romanzo. Vi assicuro che è un obiettivo ambizioso ma è ciò che può rendervi lettori e lettrici felici anche da adulti, quando andiamo in cerca di risposte a domande sempre più complesse e proprio per questo aiuto a intraprendere ragionamenti di questo tipo, nei miei percorsi.
Cerco sempre anche di mostrare la bellezza di un percorso tematico di letture che insegua la nostra scintilla di curiosità e il primo strumento con cui lo faccio è la redazione accurata della bibliografia di letture.
Accanto a questo, c’è sempre l’attenzione da editor a sottolineare, smontando i romanzi, le innumerevoli scelte compiute nelle storie da chi scrive, per allenare anche uno sguardo tecnico e curioso che ci rende lettori e lettrici sempre più consapevoli.
Sfiorare il Male
Tra le domande filosofiche che mi capita di indagare spesso con le mie letture e visioni ce n’è una squisitamente filosofica, che riguarda il problema del male.
Tra male metafisico e male morale, com’è possibile viverci accanto?
Sapete, più ci ragiono e più ci rifletto leggendo ed essendo spettatrice e testando l’idea ad ogni nuova lettura e visione. più capisco le parole che Francesca de Lena ci ripeteva durante l’apprendistato di editing: la forma è sostanza.
Qualche anno fa, io e l’Ing. abbiamo ripreso la visione di Mindhunter, la serie di David Fincher che avevamo interrotto dopo la prima stagione.
Tra le altre motivazioni, una mia angoscia crescente causata da questa visione.
Ma come, proprio io che guida alla scoperta dell’horror?
Già: datemi i mostri, datemi il soprannaturale, ma la visione di una serie tv che mette al centro casi reali di serial killer e ci mette faccia a faccia con gli abissi della mente umana, con la malvagità e la crudeltà senza limiti e confini mi terrorizza più di ogni altra cosa.
Eppure sì, Mindhunter è girata con una maestria e con uno stile, con un’attenzione all’evoluzione dei personaggi principali e a dialoghi e sguardi che ne fanno un gioiello: spaventoso, ma pur sempre un gioiello.
A un certo punto della mia visione mi aveva colpito un’idea, una connessione, che sono andata a verificare, ed eccola ancora lì, quella forma che è anche sostanza.
Il caso di uno dei serial killer al centro di Mindhunter aveva colpito anche la mente di uno dei miei scrittori del cuore, quello Stephen King che in Notte buia, niente stelle gli dedica un racconto.
Questa raccolta è stata al centro di uno degli incontri del Perturbante e anche di qualche incontro di percorsi individuali, per la potenza delle sue storie che ritraggono donne vittime di soprusi, violenze, ingiustizie, scoperte terribili con uno sguardo mai giudicante né pietistico.
Lo stesso caso reale che ha infiammato la fantasia di chi lo ha inserito in una serie tv e in un racconto per cui la finzione si appropria dell’orrore.
Lo stesso caso, due modi, due sguardi, due punti di vista su come sia possibile sfiorare il Male e non accorgersi della sua presenza:
- in Mindhunter costituisce il filo rosso tra le due stagioni e anche tra gli episodi, che si aprono spesso con l’assassino, che non è ancora stato catturato, che premedita, immagina, mette in scena. Una delle vittime sfiorate, un ragazzo la cui sorella era la vittima designata e che è riuscito poi a fuggire, viene interrogato dagli agenti dell’FBI per cercare di raccogliere particolari utili a fermarlo. L’intera serie ritrae il momento della nascita, all’interno dell’FBI, di una divisione dedicata alle scienze comportamentali, nata dall’idea di studiare quelli che vennero identificati per la prima volta come assassini seriali (appunto serial killer), con la consapevolezza di un modus operandi, di condizioni pregresse con caratteristiche simili e con tratti caratteriali influenzati dalle circostanze ambientali. Lo scopo era riuscire a prevenire, in modo da catturarli prima che riuscissero a fare ulteriori vittime. Questa è la forma: il tutto viene calato nel contesto di una collettività che lotta per legittimare un nuovo, efficace strumento d’indagine. All’interno della serie veniamo anche a conoscenza di casi di familiari ed è sconvolgente vedere questi casi sfiorare persone comuni e ignare.
- Il racconto di King, Un bel matrimonio, parte appunto da uno dei casi al centro anche di Mindhunter ma ciò che vuole indagare lo scrittore è qui radicalmente diverso. Si dice spesso che King metta al centro persone normali ritratte in circostanze eccezionali. E infatti, la scoperta del serial killer è qui dal punto di vista della moglie dell’uomo. King raccontava di aver letto l’incredulità della stampa nei confronti della donna, che aveva dichiarato di non avere idea della doppia, oscura e terrificante vita del marito. King si dice: io invece le credo e indagherò attraverso questo racconto cosa può essere successo alla mente di questa donna quando scoprì, da un dettaglio sfuggito, che era stata sposata per tutti quegli anni ad un serial killer. La scelta di King è stata oggetto di polemiche e critiche: qui non entro nel merito e non discuto se sia stata o meno una scelta narrativa poco condivisibile, né entro nel merito del caso giudiziario. Voglio invece dirvi che anche qui la forma è sostanza: immaginerete un tono ben diverso, motivato dalla scelta di uno sguardo di chi sceglie di mettersi nei panni di chi ha visto la sua vita andare in pezzi due volte, con la terribile scoperta e poi anche con il fatto di non essere creduta (chissà com’è andata veramente? Forse non lo sapremo mai).
In quanto società e singoli spesso pronti a giudicare e emettere sentenze senza nemmeno conoscere tutti i fatti, non possiamo davvero privarci di una fonte di indagine dell’ambiguità e del dubbio come la letteratura.
Non solo: non possiamo privarcene anche perché, come dimostrato da questi due esempi, con la letteratura e con il cinema, con la costruzione di storie possiamo mettere al centro uno stesso cuore narrativo, dedicandoci poi alla sua indagine attraverso punti di vista radicalmente diversi, e con gli stessi ricominciare a vedere tutte le sfaccettature, tutti i livelli di lettura del mondo.