Buongiorno a tutti!
Come ho raccontato nell’articolo dedicato ai miei batticuore di inizio anno, l’anno scorso ho scoperto la scrittrice Chiara Palazzolo.
Nella mia ricerca di horror, di libri del fantastico in grado di appagare una voglia di sperimentazione, di profondità e di non visto, mi ci sono imbattuta con Nel bosco di Aus e da allora sono andata a ritroso nella sua produzione.
Dall’ultimo libro finora pubblicato e dal mio primo letto, sempre più indietro, senza rispettare un criterio cronologico di pubblicazione.
Ne ho parlato sui miei social ma vorrei riportare le mie considerazioni anche qui, perché magari ad alcuni non sarà capitato di leggerle e perché spero che sempre più persone abbiano la curiosità di leggere lei, Chiara Palazzolo.
E poi perché credo che questo sia lo spazio giusto per potersi prendere del tempo per leggere con calma.
Nel bosco di Aus
“Vuoi introdurre tu? propone Carmen – e Carla sente come uno smottamento, nella solida realtà che la circonda.”
“Insomma, è il palazzo della luna. E di conseguenza della morte. A Caer Arianrhod i morti attendono che la ruota del tempo giri per poter rinascere. Tornare in vita attraverso il moto instancabile della spirale, che collega la terra al cielo e di nuovo alla terra – capisci?
Pressapoco, dice Carla. Tipo strano, questo nonno di Amanda, aggiunge scuotendo la testa – chissà se anche le pareti interne sono curve, si chiede. Questo castello. Rotondo come un cerchio di streghe. Come una falce di luna.”
(citazioni tratte da Nel bosco di Aus, di Chiara Palazzolo, Piemme, 2011, pag.268, pag.280)
Quando leggi per la prima volta il libro di uno scrittore, o di una scrittrice, come in questo caso, e avverti che è stato un incontro importante, e corri a recuperare tutto il resto che ha scritto.
Provi una felicità gentile e solida in vista delle ore che prevedi ancora in compagnia di Chiara Palazzolo.
Il romanzo parla di Carla, insegnante di inglese, mamma di tre bambini, come li definisce anche quando crescono, e moglie di Giovanni che sembra mandarla avanti, a farsi strada per lui, tra le cerchie delle famiglie che contano. Come quella di Amanda Satriani, che ha venduto loro la casa in cui si sono trasferiti, sulla soglia del bosco di Aus. Ma poi ci sono delle morti, e dei tornei di burraco, e Carla inizia a non sentirsi più se stessa. E Albertino inizia a vedere una strega che si aggira fuori dalla casa, e nulla è come sembra, come è giusto che sia.
Il terrore è la realtà che si sfalda, sono le incongruenze percettive, ma c’è anche il terrore oscuro e cupo della lotta tra streghe, c’è il nulla rappresentato da luoghi aridi d’amore, e c’è l’orrore del corpo.
Sono i corpi a lottare, scrive Chiara Palazzolo, e da quando ho letto che è stato l’ultimo libro scritto prima della malattia che se la portò via, questa cosa mi si è impressa nella testa, senza voler trarre conclusioni sbagliate, perché su questa scrittrice non so ancora abbastanza, ma sto divorando gli articoli di Loredana Lipperini che ne parla sul suo blog:
“Nella trilogia, e ancor più nel suo ultimo romanzo, “Nel bosco di Aus”, Chiara Palazzolo ha dimostrato che il fantastico non solo può essere letterariamente alto e includere la sperimentazione linguistica, ma è cosa diversissima dalla narrativa “di evasione” con cui viene identificato. Racconta, anzi, e in altro modo, il reale. In una famosa intervista a The Paris Review, alla domanda “quali sono le differenze fra popular fiction e letteratura, Stephen King risponde”: “la vera rottura viene quando ti chiedi se un libro ti coinvolge a livello emotivo. E una volta che quelle leve iniziano ad abbassarsi, molti critici scuotono la testa e dicono No”. Duro, ma vero.”
(tratto dall’articolo “Contro le dicotomie, ancora una volta per Chiara” di Loredana Lipperini)
E proprio grazie a Loredana Lipperini e a Giovanni Arduino ho iniziato a leggerla.
Stavo studiando il loro saggio Danza macabra, in vista del webinar che ho tenuto sull’horror ad ottobre.
Come sempre accade per i saggi che amo, dopo pochi minuti di lettura mi fermo per cercare romanzi e film citati, e in ciò che ho trovato scritto su Chiara Palazzolo qualcosa mi ha chiamato. Tra le le altre citazioni, è colei che
“ha colto, stigmatizzandolo, tutto il venturo filone domestico del soprannaturale.”
(tratto da Danza macabra, di Giovanni Arduino e Loredana Lipperini, Bompiani, 2021, pag.40)
C’è un uso della lingua che mi ha incantato, un gotico italiano e perturbante fortissimo e radicato e credibile.
Ci sono l’amore e il dolore di perdere chi si ama, ci sono i tratti spaventosamente infantili come in ogni fiaba nera che si rispetti e che toccano un nostro nucleo ancora presente, da adulti, con la strega che vuole fare polpette dei bambini e Carla che diventa Carlaccia, la mamma cattiva.
C’è stato per me l’inizio di un amore e per voi un libro bellissimo da leggere.
Vale per questo come per gli altri romanzi: non sono sempre facilissimi da reperire, io li ho trovati in biblioteca.
La casa della festa
“Perché là, sulle spalle bambine di Dana – come Enrico la chiamava da piccolo – era nata e cresciuta quella piramide conica dal vertice all’ingiù che per cerchi concentrici s’allargava dal peso del fratellino attraverso il superattico fino al vivaio.Una piramide di forza quella di Dana, che si trasformava, per necessità di mimetizzazione, nel cono d’ombra che Diana – la moglie di Paolo Vazzi, la signora finalmente perbene – portava in giro per il mondo, su percorsi rigorosamente rettilinei, all’insaputa di tutti.”
“Oh, certo che lo sappiamo. Venne fuori l’agente del caos, dagli occhi color della notte e la stupenda maschera di un Dorian Gray redivivo, s’avanzò in mezzo ai liquami – portatore, vessillo e corteo egli stesso – e lanciò il suo anatema: il suo nome, in cifra d’uomo, è entropia.
Egli riderà dei mondi e i mondi perderanno calore e si disperderanno nel freddo dell’universo…”
(tratto da La casa della festa di Chiara Palazzolo, Marsilio, 2000, pag.26, pag.68)
Di che cosa parla, La casa della festa?
Per Giuliana Misserville, che inaugura proprio con il capitolo dedicato a Chiara Palazzolo un’analisi delle scrittrici italiane – e non solo – che sono state “amiche del mostro”, che hanno avviato il sovvertimento del perturbante al maschile freudiano trovandoci uno spazio di riconoscimento e libertà, si tratta di
“una storia che si svolge all’interno del grande appartamento di una famiglia della borghesia intellettuale romana; una cena privata che dovrebbe servire a lanciare la carriera di un giovane scrittore è il pretesto per Palazzolo per mettere in scena una sorta di carnage ante litteram sfiorato da una presenza spettrale.”
(tratto da Donne e fantastico. Narrativa oltre i generi di Giuliana Misserville, prefazione di Loredana Lipperini, Mimesis, 2020, pag.33)
Se:
– amate la sperimentazione linguistica che si intravede tra queste righe scelte per voi;
– volete immergervi in una storia inquietante, dai contorni slabbrati eppure molto precisi;
– vi vanno a genio le atmosfere ricche di suspense;
– volete leggere un neogotico italiano ambientato in una casa borghese e misteriosa, con un attico in cui si svolge una cena ricca di non detti ed un superattico rigoglioso di piante e selvaggio in cui si svolge il negativo della stessa, allora potrebbe fare per voi.
Altre feste diaboliche, altri inviti a casa preludi ad orrori, tragedie, un consiglio di visione: The invitation di Karyn Kusama.
La trilogia di Mirta-Luna: Non mi uccidere, Strappami il cuore, Ti porterò nel sangue
“Noi torneremo. La volontà è più forte della morte. L’amore è volontà.”(tratto da “Ti porterò nel sangue” di Chiara Palazzolo, pag. 365)
I bambini sono tornati
Questo romanzo è ancora più difficile da trovare di alcuni degli altri: nel momento in cui scrivo sono riuscita a farlo in uno solo dei tre circuiti bibliotecari a cui mi affido di solito.
Seguiranno aggiornamenti, o almeno spero :).
[Aggiornamento del 04/04/2022
“Puntò le mani sul tavolo, il cuore in gola e le gambe tremanti, sicura solo del fatto che fra un attimo sarebbe corsa in bagno a ingozzarsi di Prozac, per non mettersi a urlare…e il palmo le diede una fitta, così leggera che mosse d’istinto la mano sul tavolo, per scacciarla…e stavolta la fitta fu molto più forte, una saetta di dolore che le si inerpicò lungo il braccio… Oddio! No, corri in bagno, al telefono, è un infarto, muoviti. Fece qualche passo e piombò a sedere, volgendo le spalle alla tavola, alla porta, all’intera stanza, e restò col fiato sospeso, le mani brucianti strette a pugno, ingobbita dall’ansia e dalla paura, atterrita all’idea che non ci fosse nessuno da attendere, o che al contrario qualcuno stesse arrivando, così diverso da chi si aspettava da toglierle il fiato e lasciarla a strillare tra pareti imbottite per il resto dei suoi giorni.”(tratto da “I bambini sono tornati”, di Chiara Palazzolo, Piemme, 2003, pag.122)
In chiusura, vi consiglio di leggere anche questa bellissima intervista del 2007 di Loredana Lipperini a Chiara Palazzolo, riproposta nel 2021 nel suo blog Lipperatura in occasione dell’imminente uscita del film tratto da Non mi uccidere e della ripubblicazione del romanzo.
Si parla di paura e di come cambi – o meno – col passare del tempo, di sopramorti e di rimosso, di quale sia la paura sociale trasfigurata nella trilogia di Chiara Palazzolo, di risposte esistenziali e non di genere al ritornare dalla morte e di che cosa sia alla fine il fulcro dell’horror.
Avete mai letto un romanzo di quest’autrice? In caso, vi è venuta la curiosità di provare?
Raccontatemelo nei commenti :).