Buongiorno a tutti!
Da quando ho scritto la prima bozza di questo articolo, ho continuato ad incrociare in giro articoli, newsletter e post sulla tematica delle aspettative.
Verso noi stessi; verso gli altri; verso i prodotti culturali di cui stiamo per fruire (quest’ultima sarà la mia prospettiva).
Avete mai pensato sotto questa lente alle recensioni che leggete prima di decidere se intraprendere o meno la lettura di un romanzo?
Uno sguardo che non è più ricettivo ed aperto
Avere aspettative è normale.
Le nutriamo verso le altre persone: su come agiranno nei nostri confronti, su quali scelte faranno, su cosa ci diranno.
Le nutriamo verso noi stessi: sentiamo di farcela a resistere, a spingere un po’ di più, a superare un dolore, ad abbracciare una gioia.
Le nutriamo verso il prodotto o il servizio che acquistiamo: su quanto ci cambierà in meglio la vita, ci alleggerirà, ci farà scoprire nuovi orizzonti.
E le nutriamo verso i film che scegliamo di vedere e verso i libri che scegliamo di leggere.
E così, leggiamo recensioni, per farci un’idea e rischiare il meno possibile di venire delusi.
Ci affidiamo alle parole di altri che non siamo noi e arriviamo alla nostra lettura con uno sguardo che è inevitabilmente meno ricettivo ed aperto, in quanto non più puro, ma già orientato verso un certo tipo di esperienza.
Risultati aritmetici
A questo riguardo, con oggetto la nostra esperienza filmica, avevo già scritto tempo fa, nel 2019, quest’articolo per Be Unsocial, che vi invito a leggere.
Finché leggiamo articoli per scegliere, nell’universo di infinite potenzialità là fuori, qualcosa che ci aiuti a vivere un’esperienza adatta a noi è un conto.
Questo non toglie la necessità della domanda su quanto siamo davvero consapevoli, quando stronchiamo un libro, di quanto abbia fatto per arrivare a questo risultato e ad orientarci tutto il battage pubblicitario, e quanto arrivarci con uno sguardo puro sarebbe invece servito a dire la nostra senza sentirci una voce fuori dal coro.
Quanto incombono e quanto sentiamo i fili invisibili che ci connettono e ci legano online a tutto il mondo, quando ci apprestiamo a leggere, e poi a recensire, un romanzo?
Riusciamo a far sì che il segno più o meno davanti ad un libro non sia orientato da ciò che abbiamo letto prima?
Quanto la nostra opinione finale è il risultato aritmetico delle aspettative che ci siamo fatti fuori, più le nostre letture?
Dobbiamo partire, per come la vedo personalmente, da un’aspettativa realistica: siamo immersi in questo mondo, ma possiamo sempre scegliere di volta in volta il grado con cui vogliamo o meno esserlo.
Non staremo diventando troppo guardinghi verso il mondo?
Perché condividere è bello e buono, ma il meccanismo di riprova sociale non deve anche impedirci di arrivare alla nostra esperienza con un libro, un film, una persona da singolo e non da branco.
Non forti delle opinioni di altri che non siamo noi, ma con uno sguardo attento e nostro.
Per questo, quando do consigli di lettura che non siano quelli personalizzati di una mia Bibliografia personalizzata ma generali e aperti a tutti, su blog e social, cerco sempre di non influenzare troppo. Poi a volte non ci riesco, ma spero che chi cerca consigli di lettura da me lo faccia perché ha imparato a conoscermi e sia sempre pronto a dire: a me invece non è piaciuto.
Tanto di questo discorso è stato anche ispirato dalle parole di Ilaria Casalini che ho trovato nelle sue risposte al questionario sulla nuova stagione del Perturbante che inizieremo con lei e le altre iscritte proprio questa domenica.
Mi ha colpito, nelle domande che ponevo su cosa si aspettassero le iscritte da questo nuovo viaggio insieme, la sua volontà di non abbandonarsi troppo ad aspettative che non permettono poi di assaporare a pieno ciò che sarà o che rischiano di precludere la bellezza di incontrare storie inaspettate.
E allora vi auguro tante letture in cui immergervi e da cui farvi toccare in profondità.