Buongiorno a tutti 🙂
Per le nostre chiacchiere in libertà di oggi vorrei parlare con voi di creatività ed arte, delle aspettative e delle interferenze dall’esterno che influenzano la creazione di un’opera di vario tipo per chiederci se la creatività abbia bisogno della porta chiusa.
Le aspettative, il giudizio, i paletti
Sono convinto che la paura sia alla radice di molti pessimi lavori. Se si scrive per piacere, è più una timidezza […]. Se invece si ha una scadenza, come capita con un bollettino scolastico, un articolo di giornale, un esame di ammissione al college, si tratta di terrore allo stato puro. Dumbo è riuscito a librarsi in volo grazie a una piuma magica. Magari potreste sentire la necessità di aggrapparvi a una forma passiva o a uno schifo di avverbio per lo stesso, identico motivo. Ricordatevi, però, che l’elefantino non aveva bisogno della piuma. La magia era già in lui.
(tratto da On Writing di Stephen King, pag.117)
Questa citazione tratta da On Writing si trova nella parte dedicata alla cassetta degli attrezzi, in cui Stephen King parla della padronanza della grammatica, di verbi dichiarativi e dell’uso di avverbi o forme passive.
Però ci dice qualcosa che ha a che fare con il nostro argomento.
Siamo nel reame della soggettività, per cui non enuncerò di certo verità assolute.
Magari sei tra coloro che lavorano benissimo vicino ad una scadenza: anche a scuola ci si divideva tra quelli da “un pezzettino al giorno, mi divido le pagine per le tre settimane prima dell’esame/dell’interrogazione” e quelli da “non riesco a fare nulla se non sento le fiamme di un brutto voto lambire il mio didietro e non inizieranno a farlo che due o tre giorni prima dell’evento”.
Qui King parla però della creatività libera necessaria a scrivere un romanzo: se oggi sappiamo che tanti grandi che scrivevano su commissione e con scadenze venivano pagati a lunghezza e quindi allungavano la brodaglia, ma sfoltendo troviamo dei capolavori, parliamo di chi parte non per forza dal genio ma anche dalla fatica e dal duro lavoro che sta dietro ad un romanzo.
Quello che possiamo estrapolare da qui è rafforzato da ciò che King dice sempre nello stesso saggio: scrivi con la porta chiusa, senza condividere il tuo lavoro, se non vuoi che si ammosci come un soufflé quando apri il forno troppo presto (questa altissima metafora è mia, non sua :P).
Poi correggi e riscrivi con la porta aperta, accettando i consigli di qualcuno di cui ti fidi e che sai non ti mentirà – per lui è la moglie Tabitha.
Al tempo stesso, per scrivere qualcosa di vero e per avviarsi verso una buona opera non ci si può far sbarrare la strada dallo stare a cercare di accontentare i lettori, scrivendo ciò che pensiamo di dover scrivere invece di ciò che ci interessa, dice sempre King.
Far sì che il proprio lavoro non veda mai la luce, finché sei viva
Qui entro in un terreno minato: non posso dirvi troppo perché ciò di cui scrivo l’ho scoperto leggendo e studiando in vista di un percorso ancora segretissimo.
Quello che posso però dirvi è che sono rimasta colpita dalla storia di Vivian Maier, esponente importante della street photography.
Finché fu in vita lavorò come tata e poco o nulla si seppe della sua attività di fotografa, che è stata scoperta in un modo che mi ricorda che sono i film ad imitare la vita e non viceversa.
Possiamo arrovellarci sul motivo per cui Vivian preferì non condividere la propria arte e chiederci se avrebbe avuto altrettanta forza, o minore o maggiore, nel caso in cui avesse affrontato rifiuti, titoli di giornale, esposizioni nelle gallerie d’arte e tutto il cammino che coinvolge l’attività artistica e la mette in contatto con l’esterno.
Prenderci un po’ in giro, per vederci meglio
Ne Il ministero della bellezza di Marco Lazzarotto, di cui ho parlato qui, mi ha colpito molto l’idea di un romanzo che non esiste.
In una versione distopica del mondo editoriale il protagonista si trova a dover star dietro a continue aggiunte, cambiamenti e riscritture che seguono il gusto del pubblico: un suo alter ego (per capirne i motivi, leggetelo!) presenta in giro per l’Italia il suo libro inventandosi elementi della trama e caratteristiche dei personaggi sempre più strampalate, e lo scrittore deve starci dietro.
Altro che porta chiusa ;).
Troviamo un’ironia pungente sul mondo editoriale e sul mestiere artistico anche nelle vignette di Tom Gauld di In cucina con Kafka.
Tra residenze perfette per gli scrittori di genere per immergersi nel lavoro, scrittori che si fanno decisamente influenzare dal “Che cosa penserà il mio pubblico?” o aspettano con ansia la prossima pausa dopo il supplizio delle pagine scritte per lanciarsi sui social media, anche qui ridiamo e pensiamo ad aspettative e giudizi e a quanto influenzino l’attività artistica e spaventino chi deve portare alla luce la propria opera.
Che vogliate scrivere un romanzo o girare un film, ma anche far conoscere al mondo il vostro pensiero e crescere nella ricerca di ciò che pensate per davvero portandolo nel vostro lavoro: cosa ne pensate? Come vi relazionate con giudizi dall’esterno e pensieri invasivi che sballottano qua e là i vostri pensieri – e le vostre opere? 🙂