Buongiorno!
Torno sul blog con un po’ di consigli di lettura estivi per voi 🙂
Sono tratti da recensioni che ho condiviso nel tempo sui social e che sono certa in molti si perdano: il mio proposito è di portare man mano, per far restare, qui e in newsletter anche tutti i contenuti corposi e compositi che condivido e continuerò a condividere sui social.
Cominciamo 🙂
“Atti di sottomissione” di Megan Nolan
“Va tutto bene” ha detto. “E se così non fosse, ce ne occuperemo, e andrà di nuovo tutto bene.”. Parlava lentamente, a fatica.Piangevo, non perché non gli credessi, ma proprio perché gli credevo.Mi era mancato così tanto sentirgli dire questa cosa, questa cosa che non aveva mai smesso di dirmi per tutta la vita, in un milione di modi differenti. L’aveva sempre detto, e io l’avevo sempre ascoltato, gli avevo sempre creduto, a prescindere dal brutto momento che stavo attraversando.Ma adesso erano anni che non lo ascoltavo, che non mi ero premurata di ascoltarlo, e piangevo per la vergogna e per tutte le altre cose a cui ero stata sorda, i suoni come questo che non avrei mai riavuto. Mio padre era sempre capace di salvarmi da qualsiasi cosa, a prescindere da quanto fosse sconsiderata o inspiegabile, era sempre capace di salvarmi da tutto, tranne che da me stessa.”(tratto da “Atti di sottomissione”, Megan Nolan, trad. di Tiziana Lo Porto, NN editore, 2021 pag. 207-208)
Questo libro è uno squarcio da cui guardare a prospettive di non amore da cui siamo passati, in cui ancora siamo o in cui non siamo mai stati.
In ogni caso, la forma in bilico tra memoir e autofiction permette, nella sua specificità d’esperienza, di aprire una prospettiva universale in cui ciascuno potrà trovare qualcosa di sé anche quando non abbia vissuto la stessa esperienza.
Che sia nella storie di ossessione, umiliazione e tradimento vissuta dalla protagonista con Ciaran o in ciò che le sta dietro, come credenza e aspettativa malsana per cui l’amore arriverà e ci libererà da noi stessi e dai nostri lati più oscuri, così che il peso di formare la nostra identità non sarà più necessario.
Che sia nel desiderio di autoannientamento e nella voglia di essere desiderati da tutti che gli fa eco, o nelle lacrime di chi si sveglia e capisce di essere arrivato molto lontano da sé, che sia nella maschera messa per compiacere o nei “Sì” per non dispiacere.
Per me un esordio luminoso, nelle tenebre che indaga.
“Mrs. March. La moglie dello scrittore” di Virginia Feito
“Al supermercato, donne incappottate spingevano i carrelli su e giù tra gli scaffali mentre gli altoparlanti sparavano una versione jazzata, quasi ubriaca, di Dance of the Sugar Plum Fairy. Prese un cartone di latte dal frigorifero ronzante in fondo al negozio e, intanto, osservava gli altri clienti. Sembrava che spingessero i loro carrelli senza una meta precisa, percorrendo linee uniformi su una griglia invisibile, senza mai scontrarsi e senza mai rivolgersi uno sguardo quando si superavano.Passeggiò nelle corsie, con il cartone di latte in mano, e s’imbatté in un carrello abbandonato nel reparto dei cibi in scatola, parcheggiato davanti a scaffali stipati di barattoli su barattoli di zuppe Campbell. Gli si avvicinò con sospetto, aspettandosi che gli altri clienti spuntassero da dietro un angolo gridandole: “Tocca a te!” e condannandola a vagare al posto loro per il supermercato, morta, finché non fosse riuscita, con l’inganno, a convincere qualcuno a sostituirla.”( tratto da “Mrs. March. La moglie dello scrittore” di Virginia Feito, trad. di Stefano Beretta, HarperCollins, 2022, pag.158)
Mrs. March è una casalinga dell’Upper East Side con una vita che ruota intorno al prestigio ottenuto grazie al successo del marito scrittore.
La vita di Mrs. March ruota anche intorno ai dettagli, alla forma e alle continue domande che si pone sulla cosa giusta da fare o da dire; la ritroviamo davanti a uno specchio a provare e riprovare, con un sorriso che diventa sempre più una maschera che la stritola, le parole che suonerebbero meglio al prossimo party.
La conosciamo con il cognome del marito, non sappiamo chi sia davvero e quindi nemmeno il suo nome, a detta della stessa autrice.
Mrs. March è ansiosa e ossessionata dal giudizio degli altri, ma qualcosa si incrina irrimediabilmente in lei quando una conversazione con la panettiera le fa pensare che suo marito si sia ispirato a lei per il personaggio di una prostituta brutta e sgradevole, protagonista del suo ultimo romanzo. Da allora l’ansia diventa paranoia, e il ritaglio di giornale legato a un omicidio trovato tra le cose del marito fa il resto.
Mrs. March potrebbe davvero essere una sorella delle donne di Shirley Jackson e la discesa nella sua mente frammentata, divisa tra la forma a cui si aggrappa e allucinazioni e pensieri sempre più macabri e violenti mi hanno ricordato la sua scrittura.
La stessa attrice, Elisabeth Moss, che ha intrepretato la Jackson nel film “Shirley” incarnerà in un film già in programma la stessa Mrs.March.
Una lettura perturbante per le mie lettrici del perturbante: grazie a Carlotta Padovan, una di loro, che me l’ha consigliato pensando a noi.
“Willie lo strambo e altre storie”, AA.VV.
“La pazienza è da stupidi, ma forse a quarant’anni si diventa stupidi perché il tempo corre troppo e ogni giorno si viene gettati nel mondo con l’indifferenza con cui si lancia sulle pareti una pallina, una pallina che rimbalza istericamente come quella con cui giocava da bambina (come si chiamava? Brillantina, le sembra. Gliela rubavano sempre a scuola, perché Letizia era, così dicevano, una bambina mite, e non se la prendeva mai.”
(tratto da “Il modo in cui ti chiama” di L. Lipperini, contenuto in “Willie lo strambo e altre storie” di S.King (trad. di L. Briasco), E. Baldini, P. Barbato, A. Lattanzi, L. Lipperini, M. Peano, I. Tuti, S. Vinci, Sperling & Kupfer, 2022, p.92)
Una raccolta di racconti da brivido, di quelli perfetti per smettere di pensare a qualsiasi cosa stiamo pensando e ritrovare la paura che entra come uno squarcio nella vita, facendo presagire altri mondi e tutto il peso dell’ignoto.
Racconti tra quotidianità e famiglia, altri tempi e paure che si annidano nella mente.
Ci ho ritrovato autori e autrici che ho inserito nella bibliografia di alcuni miei percorsi del perturbante e per me è stata una festa.
Da centellinare perché non finiscano.
“La ragazza A” di Abigail Dean e “La casa in fondo a Needless Street” di Catriona Ward
Concludo con due romanzi da leggere se ami i thriller-horror con risvolti psicologici inaspettati e con un grande cuore: li ho uniti senza che abbiano in comune altro se non i punti tematici che ho inserito qui sotto.
“La ragazza A” e “La casa in fondo a Needless Street” sono davvero i romanzi thriller-horror da portarti in vacanza se ami questo genere ma normalmente intravedi quello che dovrebbe essere il colpo di scena finale fin da pag. 10.
Sono due storie profondamente diverse tra loro, ma accomunate da alcuni elementi:
- Â non sono soltanto due storie avvincenti, hanno anche un grandissimo cuore;
- Â prendono una materia che poteva facilmente diventare morbosa e fonte di facili sensazionalismi, per restituirci qualcosa di molto umano, commuovendoci profondamente;
- Â scavano in storie familiari terribili.
“La ragazza A” prende in qualche modo le mosse da un’agghiacciante storia vera, “La casa in fondo a Needless Street” vive nella domanda su cosa sia reale e cosa no, oltre che sul dubbio su quanto ci sia di paranormale e quanto da attribuire alla mente di chi narra.
Due narratori forse inattendibili. Ma non posso davvero dirvi di più: dovete leggerli.
“La storia della nascita di Ethan era parte del folclore familiare da ben prima che venissi al mondo, mentre quella della mia nascita – avvenuta in un banale letto d’ospedale, una femmina, per giunta – veniva raccontata di rado.”(tratto da “La ragazza A”, pag. 49)
“Quando ho una giornata storta, adesso e dopo si confondono fra loro. Se giro per casa intercetto le voci di Mammina e Papino. A volte discutono su a chi tocca fare la spesa. A volte sento i rumori del vecchio telefono all’ingresso, Mammina che parlando con la scuola dice che sono di nuovo indisposto. Altre volte mi sveglio con lei che mi chiama per fare colazione. La sua voce è netta come il rintocco di una campana. Poi cala il silenzio e mi ricordo che i miei genitori se ne sono andati. Dove si trovano lo sanno solo gli dei.Gli dei sono più vicini di quanto non si creda. Vivono fra gli alberi, riparati da una pelle che basterebbe un’unghia per lacerarla.”(tratto da “La casa in fondo a Needless Street”, pag.20)
Buone letture 😉