Buongiorno a tutti!
La letteratura è quella cosa in cui troviamo risposta ai dubbi sui nostri stati interni: “Ma gli altri si sentono mai così?”.
Anche per questo si dice che ci renda meno soli.
La letteratura del fantastico, che contiene l’horror e molto altro, è ciò che risponde alla nostra domanda: “Ma gli altri si sentono mai così fuori posto?”.
Una letteratura in cui c’è spazio per tutti, senza giudizio: l’horror come lotta allo status quo
Io combatto da un po’ la mia battaglia per far vedere l’horror con gli occhi giusti: quelli di chi si può riconoscere nelle storie di personaggi diversi, che tutti siamo stati e ci siamo sentiti almeno una volta nella vita.
Non devono per forza essere sempre storie di freaks o di gente troppo strana: basta guardare il conformismo che impera in certi gruppi sui social perché venga voglia di riaffermare la propria unicità.
Non parlo qui di splatter o di horror pieni di mostri buttati lì a manciate senza alcun senso: amo anche horror più leggeri e di intrattenimento, ma quelli che propongo (e proporrò nel percorso di gruppo che sto preparando) sono altri.
Parlo di horror che fanno emergere i fantasmi della mente, come Il giro di vite; parlo di horror che parlano della società e lottano lo status quo, come Rosemary’s Baby.
Ecco, amo l’horror anche per la componente dionisiaca a cui permette di emergere: per la sua battaglia allo status quo, al modo convenzionale di pensare le cose.
Lo fa in modo più pervasivo e pregnante per noi e per la nostra mente, ha più possibilità di lasciare il segno perché bypassa i filtri della razionalità, dando forma in carne ed ossa al diverso, al perturbante, alle malattie della società grazie alla forza dell’immaginazione.
Ci insegna un nuovo modo di pensare alle cose, espande la nostra mente.
Il perturbante: uno spazio fecondo di possibilità, per alcuni
Poi ho capito una cosa, grazie ad alcuni saggi e allo studio: che ciò che per altri è rassicurante (il domestico, il reale), non lo è poi sempre per tutti. Esiste uno spazio in cui si incontrano il perturbante, cose fantastiche, dimensioni altre, e lì alcuni fioriscono.
Ed è allora, dalle parole di un saggio che sto leggendo, che ho capito tutto il fascino che ha esercitato su di me, ad esempio, il tanto chiacchierato Suspiria di Guadagnino.
A chi sta stretto questo mondo, a volte: in alcuni libri e film troverà lo spazio per sentirsi integro, capito, reale.
A me succede con l’horror da sempre e voglio portarvi con me nella fascinazione e nelle risposte che questo genere e null’altro può darci.
Non dovete per forza amarlo, di partenza. Non dovete per forza amare Stephen King.
Dovete però, questo sì, essere curiosi, sentirvi vivi, accettare il fascino di cose che non vi spiegate razionalmente.
Venite, accoccolatevi sulla poltrona e sentite qui:
È impossibile determinare perché qualcosa colpisca la mente con l’insolita forza di un’ossessione, ma si può isolare quel momento in cui un dato interesse viene scoperto. Insomma, quando la bacchetta si abbassa verso l’acqua nascosta con improvvisa decisione.
(Tratto da “Danse Macabre”, Stephen King, trad. di Edoardo Nesi, intro e cura di Giovanni Arduino, Frassinelli, 2016, pag.109)
Qui ci siamo tutti, giusto?
È capitato a tutti, horror o non horror.
Continuiamo:
L’ironia della sorte è che i bambini riescono ad affrontare fantastico e orrore così come sono molto meglio degli adulti.
[…] Nell’esistenza di un bambino, un’esposizione adeguata al fantastico e all’orrore è auspicabile o addirittura utile. Grazie a un’immaginazione sterminata, i più piccoli riescono a conviverci, e, per merito di un incomparabile punto di vista, mettono a buon frutto le emozioni che ne derivano. Intuiscono anche molto bene la posizione che occupano nel mondo che li circonda. Si rendono conto che la loro sopravvivenza, persino in una società abbastanza ordinata quale la nostra, è totalmente al di fuori del loro controllo.
(ivi, pag. 120, 121)
A volte abdicare al controllo può essere liberatorio.
Cedere al fatto che esistono parti di noi che non capiamo, che non sempre sappiamo cosa pensa chi amiamo e il mondo ci è opaco, in alcune giornate più che in altre.
Nel suo farci vedere le cose come stanno, i mostri che sono reali, i fantasmi che infestano i nostri sogni prendere concretezza, l’horror toglie un velo e mette a nudo, a volte, quando è grande, le cose autentiche.
Due autori che si fanno carico delle nostre paure, non uscendone del tutto indenni
L’orrore in letteratura, quando è fatto dai maestri, è liberatorio.
Ed è qui che vi voglio portare per mano, nel percorso di gruppo che sto preparando e di cui sto seminando indizi.
Oggi partiamo ancora dalla complessità.
Se ne sentite un bisogno sterminato, in un’epoca di semplificazione, se volete riempirvi di domande su di voi e sul mondo per sentirvi vivi, siete nel posto giusto: il percorso di gruppo che sto preparando fa per voi.
Perché in tanti dicono che bello e che bravo sia Stephen King e che bella e che brava (di recente) sia Shirley Jackson.
Ma quando fai da tramite per i mostri che per te sono reali, passi attraverso molto dolore, per mostrare le cose con chiarezza, se solo si sa abbassare il velo dell’horror, non sempre ne esci indenne.
Ma aspettate che vi accenni ad un aneddoto a testa, di cui parleremo per esteso nel percorso, contestualizzandolo e ampliandolo.
Quando, nel 1948, il New Yorker pubblicò il racconto La lotteria di Shirley Jackson, si scatenò il caos.
Se non l’avete letto, cercherò di non farvi spoiler: sta di fatto che un numero incredibile di persone si prese la briga di scrivere al giornale per minacciare l’annullamento del proprio abbonamento, dirsi infuriate che un simile scempio fosse stato ospitato sull’eminente testata, chiedere se fosse realtà o finzione o anche dove fosse possibile vedere una lotteria di quel tipo.
La stessa Shirley Jackson disse che, se anche non si fosse presa più la briga di scrivere una sola riga in vita sua, sarebbe comunque stata per sempre ricordata come la scrittrice de La lotteria.
Quando si cala il velo su ciò che si pensa della bigotta società di paese in cui si vive, non sempre le persone reagiscono bene, sentendosi toccate nel vivo (o almeno, questa è una delle tante interpretazioni che avremo modo di esaminare, dal momento che Shirley ha sempre dichiarato che fosse soltanto una storia, rifiutandosi di trovare spiegazioni particolari).
Quest’articolo di Giacomo Lucarini mi ha poi riportato alla mente una delle volte in cui i demoni hanno avuto la meglio sul loro creatore.
King ha spesso dichiarato di essere più fortunato della media di persone cui tocca andare in psicanalisi, quando va bene, dal momento che lui i suoi demoni li riversa tutti sulla carta.
Non sempre, però, ha avuto la meglio sulle proprie paure, come quando scrisse Le Creature del buio a un passo dal restarci secco per la dipendenza da cocaina che stava avendo effetti devastanti sul suo corpo – e anche sulla sua scrittura.
Esistono scrittori, come Shirley Jackson e Stephen King, che possiedono il dono di trasformare le nostre paure, gli orrori da cui siamo circondati, i fantasmi della mente in storie immortali.
Così facendo, assumono su di sé l’onere di passare attraverso la fatica ed il dolore di guardare in faccia i mostri (veri).
Noi possiamo usarli in modo catartico, oltre che facendoci intrattenere da bellissime storie: questo e taaanto di più faremo nel percorso di gruppo che sto creando, di cui per ora non vi dico di più (ma sto lasciando indizi anche sui miei social!).
Ti piacerebbe entrare sempre di più in questa visione di libri e film come porte d’ingresso per le tue riflessioni, con letture tematiche?
Ti lascio un regalo.
Si tratta di un pdf in cui troverai un cambio di prospettiva alla ricerca di un modo differente per scegliere il libro giusto per te. Ti porto un assaggio della visione che sperimentiamo nei miei percorsi tra letteratura e filosofia.
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