Buongiorno e buon lunedì a tutti!
Questo post nasce da un piccolo cambio di rotta: avevo l’intenzione di raccontare e fare considerazioni a partire dagli ultimi appuntamenti con i miei clienti sulle Instagram Stories, un canale che di recente apprezzo molto e su cui mi sento a mio agio.
Sarà anche per questo che ho creato lì, a seguito del bel riscontro che ho ottenuto la prima volta, una rubrica del mercoledì, Ti consiglio un libro: lo trovate qui sulle Stories in evidenza, in cui mano a mano riporterò i prossimi!
L’idea è partire ogni settimana da un diverso argomento, su cui voi mi dite la vostra e io vi consiglio un romanzo o un saggio (o più di uno ;)) per indagare emozionalmente e con spunti pratici la vostra situazione. La prima volta vi ho chiesto, con il comodo adesivo per le domande, quale fosse la vostra più grande ansia e paura legata ai soldi: avete risposto in tanti e da lì è nato un bellissimo dialogo su libri, stati d’animo e possibili soluzioni alle nostre paure.
Ma torniamo a noi: di recente, mi sono resa conto di una paura, di un’ansia che accomuna molti liberi professionisti nel rapporto con il denaro: quella di perdere una parte importante di noi stesse, una parte irrinunciabile, creativa e vitale.
Insomma, mettiamola così: molte persone, in particolar modo donne, hanno paura di venire contagiate da un campo che considerano arido, freddo e destinato solo a chi è “calcolatore” e magari pure avido, ovvero quello della gestione dei propri soldi.
Forse ti stai autosabotando senza rendertene conto
Ci sono tante paure e tanti pensieri nascosti dietro a quest’idea, di cui molto spesso non siamo consapevoli fino in fondo.
È probabile, però, che fino a quando non ci rifletterete per bene sopra, la parola chiave che vi accompagnerà sarà solo una: autosabotaggio.
“Come mai non riesco a tenere i conti in ordine?”
“Perché, da un certo punto del mese in poi, le spese mi sfuggono di mano?”
Spesso non sono tanto difficoltà di ordine pratico ad impedirvi di dire “Stop!” alle mani bucate: a volte il problema sono più che altro delle resistenze interne sul modo in cui ci si vede e, soprattutto, sul posto nel mondo che vi siete assegnate e che qualcosa dentro di voi sta cercando di salvaguardare, impedendovi di cambiare.
Avere un rapporto sereno con i soldi non è impossibile se sei creativa
Magari continuate a credere ad una dicotomia: o sei creativa o sei precisa, o sei organizzata o sei geniale.
Il punto è che ognuna di noi può essere entrambi gli estremi di queste coppie, in momenti diversi e in aree diverse.
Forse non volete, dentro di voi, lavorare davvero sul vostro rapporto con i soldi perché avete paura che, se davvero ci riuscirete, potreste perdere una parte di voi stesse che per voi è molto importante. Una mia cliente molto saggia l’ha intuito quando mi ha scritto in un’e-mail: “Chiudo con una bellissima frase che ho letto la settimana scorsa: “The cave you fear to enter holds the treasure that you seek (La caverna in cui temi di entrare contiene il tesoro di cui sei alla ricerca)” *Joseph Campbell* e che mi ricorda tanto la mia paura dei soldi”.
Per questo, essere consapevoli del nostro carattere e del posto nel mondo che, più o meno consapevolmente, ci assegniamo, o dell’etichetta con cui ci vediamo, può forse aiutarci a progredire.
Chi lo dice che, se inizierete ad avere un rapporto più positivo con i vostri soldi, in automatico vi trasformerete in una persona arida?
Chi è arido lo è con o senza soldi a disposizione: tu, da creativa quale sei, potresti ad esempio usare quei soldi che non ti sfuggono più di mano per far fiorire e crescere quel tuo progetto che potrebbe aiutare a cambiare la vita di tante persone.
Se accosti nella tua mente due immagini di te stessa: senza soldi, oppure circondata di soldi, al centro di quella cornice ci sei sempre e solo tu, con il tuo carattere e le tue qualità.
I soldi possono essere un mezzo per lasciare ancora di più nel mondo il segno che ti senti nata per lasciare :).
Anche questa è un po’ filosofia: imparare a “problematizzare” (termine che chi è/è stata mia cliente sa già quanto spesso usi, quando mi fate una domanda :P): “La filosofia non dipende dai temi. Non è una “materia” da insegnare né un campo da coltivare, ma è uno stato d’animo, un modo di usare l’intelletto. […] filosofare è “mettere in dubbio”, nel senso banale dell’espressione, ciò che abbiamo già come risposta e che, di fatto, non ci torna.”
(tratto da Socrate al caffé, Marc Sautet, Ponte alle Grazie 1997, pag.33)
Suggerimento di lettura: “On writing” di Stephen King, che vi piacerà anche se non volete diventare scrittori. C’è una parte che ha attinenza con il nostro discorso, anche se è decisamente più estrema, sulla paura di perdere parti di sé che per noi sono importanti. King scrive, nella parte in cui racconta della sua dipendenza da alcool e droghe:”[…] la mia parte di scrittore, quella nel profondo che sapeva del mio alcolismo già dal 1975, all’epoca di Shining, non era disposta ad accettare un comportamento simile e tollerare quel silenzio. Cominciò a gridare aiuto nell’unico modo che conosceva, attraverso i miei romanzi e i miei mostri. […] Temevo che non sarei più stato capace di scrivere se avessi smesso di bere e drogarmi, ma persino nel mio stato di depressione e angoscia, decisi che avrei abbandonato la mia carriera, pur di salvare il matrimonio e vedere crescere i miei figli. Non è stato necessario, è evidente. L’idea che il processo creativo sia strettamente legato all’uso di sostanze psicoattive è uno dei grandi miti della nostra cultura popolar-intelettuale.”
(tratto da On writing, Stephen King, Pickwick 2017, pag.87-90)
Ultima modifica il 28/11/2019